Giorgia Cecere è pronta per 'Il primo incarico'

Il film, presentato oggi alla stampa romana dopo il passaggio nella sezione Controcampo all'ultima edizione del Festival di Venezia, segna il debutto della sceneggiatrice dietro la macchina da presa con un'avventura dei sentimenti.

Dopo essersi messa alla prova con la sceneggiatura di Sangue Vivo e Il Miracolo di Edoardo Winspeare, Giorgia Cecere, l'ex ragazzina appassionata di film western e affascinata dall'avventurosa imprevedibilità del cinema, è arrivata alla sua prima regia. Il film Il primo incarico, presentato nella sezione Controcampo Italiano all'ultima edizione del Festival di Venezia, racconta la vicenda di Nena, una ragazza del sud che, all'inizio degli anni cinquanta, abbandona la sua famiglia e Santa Maria di Leuca per trasferirsi nella campagna brindisina a contatto con un ambiente e un paesaggio sconosciuti. Grazie al primo incarico come maestra scoprirà realtà diverse che le faranno rimpiangere di aver lasciato il suo piccolo mondo antico ma, allo stesso tempo, le offriranno la possibilità di crescere e diventare finalmente adulta. Prodotta da BiancaFilm in collaborazione con Rai Cinema e distribuita da Teodora a partire dal 6 maggio, la pellicola riassume la poetica di una cinematografia allo stesso tempo leggera e profonda appresa accanto a Gianni Amelio durante le lezioni al Centro Sperimentale e nella preziosa esperienza acquisita sul set di film come Porte aperte e Il ladro di bambini. Un bagaglio di riferimenti artistici di cui Giorgia Cecere è disposta a svelare ogni mistero insieme alla protagonista Isabella Ragonese.

Signora Cecere, il suo debutto dietro la macchina da presa è stato caratterizzato da una lunga gestazione iniziata nel 2007 e terminata nel 2010 con la presentazione del film al Festival di Venezia. Qual è stata la scintilla che ha dato il via a questi quattro anni di lavorazione?

Giorgia Cecere: Il senso del film mi è stato sempre molto caro. Si tratta di un viaggio tutto al femminile verso la consapevolezza dei desideri più inesplorati racchiusi all'interno dei nostri cuori. Un'esperienza vissuta da gran parte delle donne, soprattutto in seguito al dissolversi di un sentimento d'amore all'apparenza immortale ma, in sostanza, romanticamente costruito con la nostra immaginazione. Comunque, il nucleo centrale di questa vicenda nasce dalla storia tra mio padre e mia madre, una fonte d'ispirazione che ho lasciato espandere e irradiare per tutta a durata della scrittura. Con Pierpaolo Pirone e Li Xiang-Yang abbiamo cercato di mettere in piedi un intreccio autonomo ma, alla fine, le parti più romanzesche sono proprio quelle avvenute veramente.

Entrando nello specifico, quali sono gli elementi narrativi più fedelmente autobiografici?
Giorgia Cecere: Può sembrare assurdo ma tutta la vicenda degli zingari, della trapezista e del ragazzo in fuga indotto a scappare e sposarsi per avere salva la vita è esattamente quanto accaduto a mio padre.

Signora Ragonese come ha affrontato il confronto con il personaggio di Nena?

Isabella Ragonese: E'stato incredibilmente impegnativo. Con una certa incoscienza ho raccolto la sfida d'interpretare un personaggio in continuo divenire, pieno di sfumature, atipico per il cinema italiano ma è stato un privilegio raro trovarmi faccia a faccia con una donna come Nena. Il primo incontro con Giorgia è avvenuto nel 2007, all'epoca feci un provino senza conoscere molto della storia. Da quel momento ci siamo perse un po' di vista rimanendo comunque fedeli l'un l'altra e all'idea del progetto. Poi, finalmente, abbiamo dato il via alle riprese. Fin dall'inizio ho capito quanto questa fosse una storia incredibilmente famigliare per Giorgia, quindi ho iniziato a osservarla e a rubarle dei modi di fare. Siamo andate molto per tentativi, ma proprio tutte queste informazioni disordinate hanno fatto si che si creasse un personaggio con molta vita al suo interno. Mi sembra di conoscere Nena profondamente, anche se non riuscirei proprio a descriverla in tre aggettivi.

Lei è considerata una delle attrici più interessanti della sua generazione ed è chiamata spesso a interpretare figure femminili particolarmente complesse legate al nostro quotidiano o rappresentanti di problematiche socialmente scomode. Si tratta di un percorso artistico fatto con una certa premeditazione?
Isabella Ragonese: Da spettatrice vedo tutti i film inseriti in un preciso contesto, mentre come attrice non credo di essere una parte così essenziale del film. In verità ho avuto la possibilità di cimentarmi con cose diverse, certo i personaggi che ho interpretato sono particolarmente forti ma è un fatto quasi genetico. Le donne sono dotate di grande determinazione non per ribadire una superiorità naturale sugli uomini, ma perché messe continuamente alla prova. Credo che, sempre nell'ambito del nostro mestiere, sia giusto esporsi e manifestare un dissenso o la propria opinione. Non sono tanto ingenua da pensare che il cinema possa cambiare le cose ma è uno strumento di riflessione necessaria, soprattutto in questi anni. Perciò se attraverso i miei film ho potuto parlare dell'omosessualità femminile o del sottile percorso di crescita che accomuna ogni donna, ben venga.

Il film è interamente ambientato nel passato all'interno di una realtà rurale anni cinquanta. Perché contestualizzare la storia in modo così determinato dal punto di vista temporale?
Giorgia Cecere: Cinematograficamente parlando mi affascinava l'idea di ricreare un mondo completamente diverso da quello quotidiano. Da spettatrice, ad esempio, mi piace essere porta in un luogo sconosciuto da dove poter guardare il nostro presente dalla giusta distanza. Dal punto di vista affettivo, invece, volevo raccontare qualche cosa che ha caratterizzato profondamente la mia famiglia come il percorso femminile e la ricerca della propria specificità. Negli anni cinquanta, con una società fortemente patriarcale alle spalle, era un percorso difficile da intraprendere ma, per assurdo, anche più possibile. In modo particolare mi piace come Nena riesca a trovare la sua dimensione al di là del sentimento amoroso. E' la rappresentazione di un certo coraggio morale tipico del genere femminile e di cui dobbiamo valerci sempre.

Continuando a parlare di collocazione e datazione, Il primo incarico sembra riflettere una ricerca costante dell'antico come se ci fosse un Ottocento sempre pronto a riflettere nelle forme del Novecento...

Giorgia Cecere: Dal punto di vista storiografico non è accaduto, anzi credo di aver modernizzato e ingentilito la realtà. Per quanto riguarda invece la sceneggiatura e la fotografia abbiamo in qualche modo ricercato quest'effetto antico. Si tratta comunque di un mondo rurale, fatto di leggi particolarmente dure che mettevano alla prova gli uomini fin dai primi anni della loro vita. Il fatto di aver steso un velo spesso d'oblio alle nostre spalle non ha fatto altro che minare delle sicurezze quasi ataviche. Oggi, rispetto ai nostri genitori, siamo spaventati oltre misura. Per finire, a completare l'effetto visivo di un panorama selvaggio sono state anche le suggestioni western. Nena è il cowboy dell'anima che se ne va lungo le praterie solitarie, realizzando, così, i sogni di una bambina affascinata dall'epica del far west.

Accanto ad Isabella Ragonese ha deciso di affiancare un cast di attori non protagonisti. In questo modo non ha avuto timore di rischiare troppo per il suo esordio?
Giorgia Cecere: È stato un azzardo immenso ma sentivo che dovevo creare un mondo inconsueto attraverso volti e atteggiamenti non direttamente riconducibili. Trovare il viso giusto per ogni personaggio ha richiesto una ricerca particolarmente lunga e accurata. Fortunatamente sono stata aiutata dal mio casting director e, in parte, da una certa esperienza costruita grazie al lavoro accanto a Gianni Amelio e Ermanno Olmi.