Recensione I fantastici viaggi di Gulliver in 3D (2010)

Snellito e semplificato per l'adattamento cinematografico, il lavoro di Swift, apologo sulla corruzione e sull'ignoranza degli uomini, diventa una favola dai buoni sentimenti, sostenuta dalla vivacità del solito trascinante Jack Black.

Potere ai piccoli

Lemuel Gulliver è l'addetto allo smistamento della posta in un importante quotidiano di New York. La città delle grandi opportunità, però, non è mai stata per lui una fonte d'ispirazione; incapace di prendersi delle responsabilità, abituato a pensare in piccolo, il ragazzone sembra accontentarsi della sua condizione di perenne subalterno. Come se non bastasse, da anni è innamorato di Darcy, una giornalista specializzata in reportage di viaggio, che lui venera in silenzio, senza dichiararsi. Quando per errore la giovane scambia Lemuel per un reporter di talento, l'impiegato coglie al volo l'occasione e si fa spedire nel triangolo delle Bermuda, certo che il reportage sui misteri di questo luogo sinistro sia l'opportunità giusta per mettersi in luce agli occhi di Darcy. Rapito da un'onda anomala, Gulliver approda sulle coste dell'isola di Lilliput, un regno abitato da omini minuscoli che lo catturano. Il gigantesco Lemuel conquista la stima e l'affetto vero dei lillipuziani quando salva da morte sicura il Re (per spegnere l'incendio della reggia fa pipì sul palazzo). E pazienza se per diventare l'abile stratega che non è mai stato, Lemuel edulcora la sua biografia, attingendo praticamente a tutti i film degli ultimi 30 anni; alla fine si dimostra un buon esperto nella lotta contro i blefuscudiani, un amico fidato per Horatio, che sotto la guida del nuovo mentore conquista il cuore della bella principessa Mary, altrimenti promessa al malvagio Edward, e un fine diplomatico. La vita di questo simpatico guascone acquista finalmente una statura. Con grande gioia dell'amata Darcy, finita anch'essa sull'isoletta per ritrovare il sedicente collega.


Dalle battute sparse qua e là ("Noi siamo personcine piccole" dice l'intimidito Gulliver descrivendo ad un aiutante il suo lavoro, senza ancora sapere quello gli sarebbe accaduto di lì a poco) appare fin troppo chiaro l'intento del film diretto da Rob Letterman, I fantastici viaggi di Gulliver in 3D, ossia dimostrare che ogni cosa cambia a seconda della prospettiva in cui si vede il mondo. Un giorno sei un umile impiegato, ultimo tra gli ultimi e peggio ancora inchiodato per sempre a quel ruolo, e il successivo invece diventi un gigante buono in grado di risolvere diplomaticamente e con grande eroismo anche le situazioni più imbarazzanti. Non v'è traccia, insomma, dello spirito caustico del libro pubblicato da Jonathan Swift nel 1726, subito diventato un classico della letteratura per l'infanzia, e già portato sul grande schermo da Georges Méliès e da Ray Harryhausen. Snellito e semplificato per l'adattamento cinematografico, il lavoro di Swift, apologo sulla corruzione e ignoranza degli uomini, diventa una favola dai buoni sentimenti, sostenuta dalla vivacità del solito trascinante Jack Black, qui anche produttore esecutivo. Imparata a menadito la lezione della DreamWorks sul valore comico delle citazioni cinematografiche (e non), Letterman, regista di Shark Tale e Mostri contro Alieni, si diverte a rileggere i nostri "miti" contemporanei (da Star Wars ad Avatar, passando per Titanic e i Kiss) che, nel momento più riuscito del lungometraggio, rivivono poeticamente sulle tavole di un palcoscenico lillipuziano, spacciati per episodi della vita di Gulliver. L'escamotage non è nuovo, ma se non altro si lascia apprezzare per la chiave teatrale vagamente rétro.

E' questa accurata ricostruzione dell'irreale mondo di Lilliput (effettuata da Gavin Bocquet nei celebri Pinewood Studios di Londra) a colpire l'occhio dello spettatore, più che il 3D, utilizzato solo dopo la lavorazione e francamente superfluo, ad eccezione della bella sequenza del vortice marino che all'inizio inghiottisce la nave di Gulliver. Anche l'attacco al bellicismo esasperato, che nella narrazione dello scrittore irlandese aveva un valore più spiccato, si trasforma in un musical edificante in cui tutti i protagonisti ballano e cantano allegramente sulle note di War di Edwin Starr. Oltre al già citato Jack Black, nel cast troviamo due stelle del cinema british, Emily Blunt e Billy Connolly, rispettivamente nei panni della Principessa Mary e di Re Theodore. Nota di merito per Jason Segel, l'imbranato Horatio, protagonista di una scena di corteggiamento sulle note di Prince e per il cattivissimo Chris O'Dowd, simpatico villain dall'ego spropositato, come dimostra il grande robot autocostruito per combattere Gulliver, creato in realtà dalla Hy*drau"lx di 2012. Nella versione italiana segnaliamo due doppiatori d'eccezione, i turisti per caso Patrizio Roversi e Syusy Blady, rispettivamente il re e la regina di Lilliput, che ai loro personaggi hanno prestato l'inconfondibile inflessione emiliana e anche un tocco stralunato.

Movieplayer.it

3.0/5