Recensione Henry (2012)

Un noir contemporaneo, intramezzato dalle confessioni di menti pericolose dritte in camera (quelle dei protagonisti) ma anche coraggioso e teso, forse un tantino prevedibile e confezionato con un piglio grottesco che non riesce a graffiare quanto la caratterizzazione dei personaggi.

Pioggia di sangue e di eroina

Liberamente tratto dall'omonimo romanzo di Giovanni Mastrangelo (Giulio Einaudi Editore) il nuovo film del salernitano Alessandro Piva (il terzo dopo LaCapa gira e Mio Cognato) è ambientato in una Roma dal volto meticcio, randagio, oscuro e racconta la guerra tra i clan rivali nel sottobosco del narcotraffico, delinquenti vecchi e nuovi che si inseguono per le vie della città, si danno la caccia, si sfidano e poi si dileguano nel buio.
Nina è un'insegnante di aerobica che frequenta poche persone, quelle sbagliate. Gianni, il fidanzato tossicodipendente e immaturo, e Rocco, un vicino di casa troppo cinico e troppo drogato per capire cosa gli succede intorno e per volere bene a qualcuno. Per colpa dei due compari la ragazza si ritrova coinvolta in una guerra all'ultimo sangue tra trafficanti africani e la banda di Civitavecchia per il controllo dello spaccio. Il duplice omicidio di uno noto spacciatore della zona e della sua anziana madre diventa la miccia che fa scoppiare la bomba. Ad indagare sul crimine una strana coppia di poliziotti, uno un po' alienato l'altro troppo normale, costretta a risalire la corrente di una città che parla tante lingue e in cui si dipanano faide sanguinose per la conquista del traffico di 'henry', il nome con cui i pusher afroamericani di New York chiamano l'eroina pura. Tre giorni di delitti, di tradimenti e di sospiri d'amore per un finale nel quale pochi si salvano, in una Roma di oggi che non si vede spesso al cinema.


Interpretato con grande convinzione da un cast di tutto rispetto capitanato da Paolo Sassanelli e composto da Carolina Crescentini (non proprio al top), Claudio Gioé, Michele Riondino, Alfonso Santagata, Dino Abbrescia e Eriq Ebouaney, il film racconta in modo 'sporco' di vite sbandate, finite nel labirinto della droga, di boss malavitosi senza scrupoli che seminano morte e distruzione per il controllo del territorio. Vecchie storie, nuove generazioni di pirati che rubano la vita a chi non ce la fa da solo, che si nascondono negli anfratti oscuri di una Roma che non si vede spesso al cinema. I nuovi mostri della società moderna muovono così i loro passi sulle strade costruite dai Cesari, in cui i romani si sentono stranieri.

Realizzato grazie alla caparbietà e alla voglia di non mollare del suo regista, anche montatore e produttore Alessandro Piva, che con la Seminal Film ha autoprodotto anche questo suo terzo film con la suddetta società fondata con l'obiettivo di produrre cinema e audiovisivo di qualità interessandosi ad aspetti poco esplorati dalla produzione corrente come videoinchieste, documentari e campagne per il sociale.
Un noir contemporaneo, intramezzato dalle confessioni di menti pericolose dritte in camera (quelle dei protagonisti) ma anche coraggioso e teso, forse un tantino prevedibile e confezionato con un grottesco che non riesce a graffiare quanto la caratterizzazione dei personaggi, davvero ottima a parte qualche eccezione. Girato interamente in digitale con meno di un milione e mezzo di budget a disposizione, Henry tenta di scuotere le coscienze e al contempo il cinema italiano che per ora, gli ha chiuso tutte le porte in faccia. Colpa forse della

sua fattura prettamente televisiva e di qualche caduta di stile nei dialoghi che lo rende, specie nel finale, involontariamente kitsch. Henry, una pioggia di sangue che fluisce in un enorme fiume di eroina, un fiume che non rompe mai gli argini con la sua potenza ma che scorre nei sotterranei, in un placido e subdolo silenzio.

Movieplayer.it

2.0/5