Patò prende vita al Festival di Roma

Il tono lieve che caratterizza "La scomparsa di Patò", adattamento cinematografico di un romanzo di Andrea Camilleri, è stato riproposto anche nella conferenza stampa, che ha visto protagonisti il simpatico regista Rocco Mortelliti e l'allegro terzetto composto da Nino Frassica, Maurizio Casagrande e Neri Marcorè.

Al quinto Festival di Roma giunge anche un tocco di Sicilia, grazie alla presentazione come evento speciale del film La scomparsa di Patò di Rocco Mortelliti, tratto dal romanzo omonimo di Andrea Camilleri, che rappresenta una delle poche incursioni dell'autore de Il commissario Montalbano nella Vigàta dell'Ottocento. Il libro è un interessante gioco linguistico, che ricalca con inventiva i gerghi e i registri della Sicilia antica, raccontando la storia della misteriosa scomparsa del ragioniere Patò durante la rappresentazione sacra del "Mortorio" del Venerdì Santo. Il film di Mortelliti tenta la difficile impresa di un adattamento cinematografico dell'opera originaria, privilegiando una trasposizione fedele della trama e affidandosi soprattutto alla recitazione degli interpreti, in particolare, oltre a Neri Marcorè nelle fantasmatiche vesti di Patò, anche Nino Frassica e Maurizio Casagrande nelle vesti rispettivamente di un maresciallo dei Carabinieri e di un delegato di Polizia. Alla conferenza il terzetto d'attori ha dato il meglio di sé con numerosi frizzi e lazzi (in particolare Nino Frassica, il quale non ha probabilmente mai condotto un'intervista seria in vita sua). Del resto il pubblico dell'Auditorium era particolarmente favorevole, dal momento che in sala erano presenti, oltre allo sceneggiatore del film Maurizio Nichetti, quasi tutto il cast secondario e una vastissima delegazione di Naro (cittadina in cui è stato girato il film), giunta a incoraggiare il simpatico Mortelliti.

Cosa ti attirava di questa storia?
Rocco Mortelliti: Dieci anni fa alcuni miei amici mi hanno chiesto di adattare un romanzo di Andrea Camilleri. Io ne ho parlato con lui, il quale mi ha fatto leggere le bozze de La scomparsa di Patò, dicendomi che era un soggetto nelle mie corde. Per realizzarlo ci ho impiegato dieci anni, non tanto per scriverne l'adattamento, quanto per riuscire a convincere i produttori, interessati solo a Montalbano e restii e realizzare un romanzo storico. In un primo momento ho cominciato a rendere in forma dialogata i numerosi documenti e testi presenti nel romanzo; in seguito ho chiamato il maestro Maurizio Nichetti per darmi una mano.

Come ha proceduto alla scelta degli attori? Rocco Mortelliti: In questo romanzo Camilleri non descrive i personaggi, ma li visualizza solo tramite i documenti disseminati nel testo. Ho sempre pensato che il maresciallo dovesse essere Frassica, anche se non l'ho detto subito ai produttori. Ho però mandato un messaggio a Frassica dicendogli che un giorno avremmo lavorato insieme. Marcoré è stato geniale, perché chiedeva a tutte le persone del luogo indicazioni su come si pronunciassero le parole, e si è costruito pian piano una sua lingua.

Cosa ha detto Camilleri quando ha visto il film? Rocco Mortelliti: Ha detto che si riconosce in questa trasposizione ed è molto contento, ma questo dovreste chiederlo a lui. Ci sono dei giornalisti comunque che possono confermare questa mia dichiarazione...

Come mai ha reclutato attori prevalentemente teatrali? Rocco Mortelliti: Per me è incomprensibile un attore che fa cinema e non proviene dal teatro. La mia formazione è teatrale e preferisco interpreti che abbiano questo tipo di bagaglio culturale alle spalle. Durante i provini mi sono recato a Naro, nell'agrigentino, perché volevo girare il film negli stessi luoghi in cui è nato Camilleri. Ho coinvolto tutti gli abitanti, perché dovevo ricreare di sana pianta l'immaginaria cittadina di Vigàta e avevo dunque bisogno di un gran numero di comparse. Persino il sindaco di Naro è stato coinvolto nelle riprese e il suo personaggio è proprio quello che nel film dice: "Il sindaco è un grandissimo cornuto!".

Vorrei chiedere agli interpreti se hanno incontrato delle difficoltà nel calarsi nei rispettivi ruoli. Le interpretazioni sembrano misurate e trattenute.
Neri Marcoré: In generale mi piacciono le interpretazioni non troppo sguaiate, e anzi mi fa piacere che il mio lavoro in sottrazione sia stato notato.
Nino Frassica: Io avevo preparato una risposta uguale a quella di Marcoré, quindi ormai non posso più rispondere... Il mio personaggio è un maresciallo che inizialmente vive un rapporto di competizione con il delegato di Pubblica sicurezza, ma poi tra i due nasce una relazione di solidarietà e di amicizia. Direi che il film assomiglia alla lontana alla Grande Guerra... in realtà non c'entra assolutamente nulla ma ci tenevo comunque a dire questa cavolata...

Signor Nichetti, come mai si è dedicato a questo progetto, apparentemente così diverso dalle sue corde?
Maurizio Nichetti: E' stato un progetto unico e irripetibile, perché si è trattato di adattare un romanzo realizzato unicamente a partire da svariati testi e documenti. All'inizio ero intimorito, perché mi sembrava impossibile tradurre la creatività linguistica di Camilleri in un'opera cinematografica. C'è voluto molto lavoro per adattarla, lavorando molto tempo alla ricostruzione del racconto. Essendo un giallo si tratta di un meccanismo a orologeria, estremamente congegnato nel dettaglio. Nonostante la messa in scena di questo film sia alla fine abbastanza tradizionale, tipica dei film in costume, credo che si sia riuscito a ottenere un risultato molto originale. Apprezzo anche il fatto che Mortelliti abbia optato per una messa in scena sontuosa e barocca e si sia voluto affidare a numerosi talenti teatrali.

Quale è stato l'apporto di Camilleri come consulente? Come avete sviluppato il lato da commedia della storia? Rocco Mortelliti: Ho fatto solo un cambiamento nel testo originale. Avevo bisogno che il delegato di Polizia incarnasse un occhio proveniente dall'esterno. Ho scelto un uomo del "Nord"... ovvero uno di Napoli, che all'inizio avesse difficoltà a immergersi in quel mondo. Volevo che la comicità nascesse dalla spontanea interazione tra i due attori.
Nino Frassica: Visto che l'autore è vivente, quando abbiamo aggiunto alcuni elementi, abbiamo consultato direttamente Camilleri, ottenendo di volta in volta la sua approvazione. Io e Maurizio veniamo dal teatro, in particolare dalla farsa e dalla Commedia dell'arte, e abbiamo cercato di inserire il nostro bagaglio comico nei personaggi.
Maurizio Casagrande: Camilleri ha una visione molto ironica delle sue creature, credo che da questo deriva il divertimento che scaturisce dai personaggi.
Neri Marcoré: Patò è un uomo che ama molto le donne e vorrebbe condurre uno stile di vita più libertino, anche se le autorità giudiziarie tentano di ostacolare i suoi progetti. Penso dunque che si tratti di un personaggio molto attuale e ho decisamente tratto ispirazione dalla nostra attuale scena politica per interpretarlo (ride).

Vorrei chiedere all'unica donna del gruppo d'attori come si è trovata in mezzo a tanti uomini.
Alessandra Mortelliti: Sono stata trattata come una principessa, anche se i miei colleghi mi punzecchiavano un po' durante le scene. Il regista mi ha dato subito indicazioni molto precise, che ho rispettato senza fare troppe domande. Sul set si è creato un rapporto non tra padre e figlia, bensì tra regista e attrice, e questo significa che non ci siamo mai scontrati durante le riprese...

Maurizio Nichetti diceva che quella del film è stata una sceneggiatura interamente scritta, quindi non c'è stato margine di improvvisazione per Frassica e Casagrande? Nino Frassica: In realtà io ho prima imparato la sceneggiatura, poi l'ho dimenticata, e dopo l'ho improvvisata ripetendo senza volerlo parola per parola la sceneggiatura originale.
Maurizio Casagrande: Penso che la sfida più grande per un attore sia quella di lavorare dentro le maglie di una sceneggiatura molto rigida. Credo si tratti di una grande occasione, che consente di esprimere al meglio le proprie doti recitative.
Neri Marcoré: Se si improvvisa si finisce spesso per rovinare la scena, inserendo battute che non c'entrano nulla con l'atmosfera originale. Essendo questo film un giallo ben congegnato, non si poteva improvvisare molto sullo sviluppo del racconto, ma in questo caso il bello dell'improvvisazione è stato quello di lavorare nei pochi margini liberi concessi.