Recensione Un weekend da bamboccioni (2010)

Un plot semplice e già sfruttato ampiamente al cinema, che Sandler, insieme alla sua gang di colleghi e collaboratori più frequenti, ripropone puntando tutto sulla commedia. Un caotico campionario di personaggi, al quale purtroppo manca spontaneità.

La grande freddura

Un gruppo di ex-compagni di scuola si ritrova trent'anni dopo, in occasione dei funerali del loro anziano allenatore di basket che tempo prima aveva portato alla vittoria la loro squadra. Decidono di trascorrere insieme il weekend del 4 luglio, nella stessa villetta sul lago nella quale avevano festeggiato anni prima, e inevitabilmente verranno fuori tutte le loro nevrosi e frustrazioni, con risultati esplosivi. Un plot semplice e già sfruttato ampiamente al cinema, che Adam Sandler, insieme alla sua gang di colleghi e collaboratori più frequenti, ha riproposto con il suo Un weekend da bamboccioni, mettendo da parte la dimensione più nostalgica del soggetto e puntando tutto sulla commedia. Dietro la macchina da presa anche in questa occasione, Dennis Dugan, che per la Happy Madison di Sandler aveva già diretto Zohan, con l'attore americano nel ruolo di un ex-agente del Mossad con velleità da hair-stylist.

Accanto a Sandler, un cast di nomi di punta del genere brillante e non solo, tra cui spiccano Maria Bello e Salma Hayek accanto a Steve Buscemi, Kevin James, Chris Rock e Rob Schneider, che tuttavia non sembrano particolarmente a loro agio nell'interpretare una commedia giocata più sullo sberleffo fisico, le situazioni demenziali che sembrano prese direttamente da una spoof-comedy e qualche battuta divertente, che viene da chiedersi come sarà stata adattata in sala doppiaggio.

Il difetto più grande di Un weekend da bamboccioni - già penalizzato dall'infelice titolo italiano con il quale è stato distribuito nelle nostre sale - è, per assurdo, proprio la mancanza di spontaneità che pervade il film dall'inizio alla fine, sia per quanto riguarda lo sviluppo della trama, che l'interazione tra i personaggi. D'altra parte non vi sono molte pretese, da parte dei realizzatori, se non quella di mettere insieme una serie di situazioni buffe, nelle quali sono coinvolte i protagonisti. Null'altro. Non c'è spazio per sentimentalismi e neanche per un pizzico di approfondimento psicologico sui personaggi: solo un po' di satira sociale spicciola - che arriva a pizzicare anche la TV italiana, particolarmente generosa nel mostrare seni e curve femminili - incidenti catastrofici e nevrosi ingestibili.

Sandler interpreta un affermato agente cinematografico che si ritrova una moglie incontentabile e due figli viziati e anestetizzati dai videogiochi; assieme a lui c'è il "casalingo" Chris Rock, bistrattato da una famiglia che non ha molta considerazione del suo lavoro domestico (e delle sue doti culinarie), quindi un playboy impenitente, un padre di famiglia che, a dispetto della stazza, non riesce a imporsi caratterialmente sui due figli, e last but not least un curioso "incrocio tra Elvis Presley e un Oompa Loompa" con una forte attrazione per le signore anziane, due figliole supersexy e l'insopportabile fissazione per le cure alternative e lo stile di vita vegan. A dare più colore al tutto, casomai ve ne fosse bisogno, una nonna con seri problemi di meteorismo, animali domestici e altri bizzarri personaggi di contorno.
Un pasticcio che alla fine risulta talmente squilibrato da diventare indigesto, oltre che ripetitivo nelle continue gag che vedono i protagonisti alle prese con disastri di varia natura. Se anche Zohan era esagerato e volgarotto, era almeno incentrato su un solo personaggio, e quindi risultava meno caotico rispetto a questo calderone che di risate alla fine ne strappa davvero poche.

Movieplayer.it

2.0/5