Recensione Into Paradiso (2010)

La video-maker Paola Randi esordisce con un insolito film ambientato nel cuore della Napoli multiculturale che, pur con qualche ingenuità da opera prima, è una piacevole commedia fondata sulla leggerezza dei dialoghi e sulle interpretazioni dei tre protagonisti.

Simmo in Sri Lanka, Paisà!

Il cinema italiano sembra essersi accorto solo di recente che nel nostro Paese esistono i migranti. Una scoperta tardiva, ma che per lo meno sembra ormai essere divenuta definitivamente acquisita, dopo la risonanza di alcuni film come L'orchestra di Piazza Vittorio e Good Morning Aman. Curiosamente, una delle comunità migranti che sinora è stata oggetto di certo numero di film (pur limitato) è quella proveniente dello Sri Lanka, dalla commedia Machan - la vera storia di una falsa squadra di Uberto Pasolini (presentata alcuni anni fa sempre a Venezia), fino al documentario Le ferie di Licu di Vittorio Moroni. Into Paradiso, lungometraggio d'esordio della video-maker Paola Randi, presentato nella sezione "Contocampo italiano" della sessantasettesima Mostra di Venezia, in effetti si avvicina per impostazione al film di Pasolini. Si tratta infatti di una insolita commedia, che si sviluppa attorno a uno spunto giallo, per affrontare il tema dell'integrazione. Il "Paradiso" cui fa riferimento il titolo è un mandamento del cuore di Napoli, che è diventato il ritrovo della comunità srilankese nella città partenopea. Qui finisce per caso Alfonso D'Onofrio (Gianfelice Imparato), ricercatore universitario licenziato, che trova rifugio sul tetto di un palazzo dopo essere stato coinvolto inconsapevolmente in un incidente di Camorra. Dovrà convivere forzatamente con Gayan (Saman Anthony), ex campione di cricket giunto in Italia credendo di trovare il "Paradiso", ma in realtà costretto a fare da badante. Alla coppia si aggiunge anche l'imprenditore e politico corrotto Vincenzo Cacace (Peppe Servillo), che si mette nei guai con la criminalità organizzata.


La metafora che domina Into Paradiso è quella "biologica", illustrata nel film dallo scienziato Alfonso: siamo come cellule impazzite alla ricerca del proprio spazio vitale che, nonostante le differenze morfologiche, devono trovare un modo per comunicare e per convivere nello stesso corpo. A partire da questo spunto di carattere sociale, la regista costruisce una commedia caratterizzata dall'unità di luogo, che si fonda soprattutto sulla brillantezza di alcuni dialoghi e sulle interpretazioni del terzetto di protagonisti. Se Gianfelice Imparato è oramai una certezza, sorprendono invece le buone prove di Saman Anthony, alla sua prima esperienza di lavoro in Italia, e del cantante Peppe Servillo, che deve evidentemente portare il gene della recitazione nel sangue.
Into Paradiso soffre comunque di alcune ingenuità da opera prima e la seconda parte del racconto, troppo statica, finisce per perdere di nerbo e attorcigliarsi un po' su se stessa, introducendo anche una relazione sentimentale un po' pretestuosa, tra Alfonso e la cugina di Gayan. Tuttavia il film rimane un curioso esperimento, che per la sua mescolanza di generi, suggestioni e colori può accostarsi al filone di commedie europee, sorto da un po' di tempo a questa parte, che affrontano con toni scanzonati il tema della multiculturalità, come East is East o Soul Kitchen.