Casey Affleck presenta I'm Still Here

Abbiamo incontrato l'attore, regista e produttore Casey Affleck in Mostra oggi con l'atteso I'm Still Here, il discusso documentario che ha realizzato seguendo il cognato, il due volte candidato all'Oscar Joaquin Phoenix, nel corso dell'anno più difficile e tumultuoso della vita.

Seguendo le orme del fratello Ben, anche Casey Affleck passa dietro la macchina da presa debuttando con la regia di uno shoccante documentario sulla vita di un suo familiare. Si tratta del cognato Joaquin Phoenix (Casey è sposato con l'attrice e modella Summer Phoenix) star in piena crisi esistenziale, personale e professionale che nell'autunno 2008, durante una diretta tv, annuncia pubblicamente il suo ritiro dalle scene hollywoodiane per dedicarsi alla carriera di musicista hip hop. Candidato all'Oscar per il suo ruolo da non protagonista ne Il Gladiatore e in quello da protagonista per Walk the Line - Quando l'amore brucia l'anima, Phoenix recita in Reservation Road, ne I padroni della notte e in Two Lovers, per poi mettere in atto una lenta e massacrante discesa verso l'autodistruzione.
Fa solo presenza al Lido di Venezia, dimostrando di non volersi nascondere da questo film e di non aver paura dei giudizi del pubblico, ma schiva qualsiasi incontro con la stampa lasciando al regista Casey Affleck, apparso francamente un po' in difficoltà durante la conferenza stampa, l'incombenza di spiegare ai giornalisti le origini, la veridicità e il significato di questo documentario.

Signor Affleck, cosa l'ha spinta a passare dietro la macchina da presa con un film così atipico?

Casey Affleck: Avevo voglia di fare qualcosa di diverso, avevo già diretto filmati e cortometraggi che non avevo mai mostrato a nessuno, ma ho deciso che era venuto il momento di iniziare a realizzare qualcosa di importante. Mi piacevano le persone coinvolte nella storia, provo dell'affetto verso Joaquin e in quel momento ero molto preoccupato per quel che gli stava capitando. Ho pensato che potesse essere interessante seguirlo passo passo in quel difficile periodo, ci ho creduto e ho voluto perseguire questa idea e I'm Still Here è il risultato di questa mia convinzione.

Il film è ben fatto, è un ottimo documentario dal punto di vista cinematografico ma ha anche un aspetto molto realistico, come ha fatto a dirigere un film sulla vita di una persona cara? E' stato difficile per lei restituire un'immagine così dura e cupa di un suo familiare che è anche suo amico? Casey Affleck: In I'm Still Here ho realizzato un ritratto empatico di Joaquin, lui è un uomo che non si è mai tirato indietro, che non ha mai avuto paura di mostrarsi al pubblico con pregi e difetti, sono stato molto fortunato perchè mi ha permesso di vederli tutti, in prima persona, e di filmarli. Quando ho iniziato a pensare al film l'ho fatto spinto da una forte emozione, sentivo di dovergli qualcosa, ho cercato di guardarlo come uomo e come amico, di descriverlo con estrema chiarezza ma anche con il giusto distacco. Sono un essere umano, non ho mai provato repulsione nei suoi confronti, sono molto legato a lui e posso dire ad oggi di conoscerlo molto meglio di prima.

Che accessi hai avuto alla sua privacy? Come l'hai convinto a farsi riprendere in certi atteggiamenti? Avevate un accordo? Casey Affleck: Si, all'inizio abbiamo messo le cose subito in chiaro, lui avrebbe condiviso tutti gli aspetti della sua vita con me e con la mia telecamera, senza nascondermi mai nulla, avrei avuto accesso completo a tutto. Per spiegare questo periodo della sua vita ci sono volute un anno e mezzo di riprese, è stato un processo lungo ma quell'accordo l'ho rispettato anch'io. In genere quando fai un documentario o un film che parla di una persona reale esso deve avere una parte fondamentale che rispetti la sua privacy, non ci dimentichiamo che si parla di persone, non si può entrare nelle loro vite al 100%, c'è sempre un limite da rispettare, l'intimità di ognuno è sacra. In questo caso invece, per almeno un anno, non ho avuto limiti di nessun tipo da parte sua.

Questo film parla della transizione di un attore, quella dal successo al fallimento e di quella da attore a musicista, ma anche da attore a regista nel suo caso. C'è anche qualcosa di autobiografico? Casey Affleck: Joaquin ama la musica, è stata una sua scelta quella di dichiarare che lasciava per dedicarsi alla musica hip hop ma ricordatevi sempre che oltre ad essere una cosa soggettiva, un film è quanto di più manipolabile esista, il regista ha il potere di fare e disfare, di tagliare e di attaccare, a seconda di quello che egli vuole raccontare ne viene fuori un film diverso, specialmente quando si parla di documentari. Che questo film poi parli anche un po' di me è assolutamente vero.

Perchè Phoenix non è presente alla conferenza stampa? Ha deciso spontaneamente di non partecipare o gli è stato imposto?
Casey Affleck: Joaquin è qui a Venezia, ha voluto venire con noi ad accompagnare il debutto del film, ma in questo momento sta cercando di accettare e sostenere il film con tutte le sue forze. Non si sta nascondendo, questo è certo, e spero che riesca a farcela. Sarà lui a decidere cosa fare e cosa non fare, come ha sempre fatto nella sua vita e come il film dimostra in maniera più che chiara.

In qualità di regista quali erano le sue intenzioni? Sembrava un mix tra un reality-tv e un falso documentario, perchè anziché fare questo film e di guardare gli eventi dal di fuori con una telecamera non si è seduto a un tavolo con suo cognato a parlare di quel che gli stava accadendo?

Casey Affleck: Non sono decisioni che si prendono così facilmente, uno si sveglia la mattina con una sensazione addosso e decide di perseguire quella sensazione in un modo o in un altro, spesso le cose prendono vita da sole col passare del tempo e gli eventi si succedano prima che tu te ne possa rendere conto. Specialmente in situazioni come queste. Tempo fa ho lavorato con Gus Van Sant in un film (Gerry, al fianco di Matt Damon ndr) che parlava di due uomini che si perdono nel deserto. Superata la metà delle riprese del film mi chiedevo ogni giorno dove Gus volesse andare a parare, cosa avremmo lasciato al pubblico con quella storia di due uomini che camminano nel deserto in cui uno uccide l'altro e poi se ne va. Quando chiesi a Gus delle spiegazioni lui mi rispose "lascia che i temi trovino loro stessi". Non avevo mai pensato alle storie in questo modo, mi meravigliavo di come un uomo così complesso come lui lasciasse accadere le cose senza preoccuparsi troppo di guidarle, è stata una sensazione importante che mi ha accompagnato durante la lavorazione del documentario. Se hai un'idea prendila e fanne quel che desideri, se vuoi raggiungere un obiettivo lascia che accada, senza cercare di instradare le cose in un certo modo. Volevo essere lì per catturare quel che accadeva a Joaquin, quando senti nascere delle emozioni dentro di te le devi assecondare.

Cosa pensa di tutti pettegolezzi che si sono diffusi in questi due anni a proposito del film e delle voci che vi accusavano di star lavorando ad un falso documentario realizzato per scherzo? Cosa c'è di vero o falso in quello che abbiamo visto? Casey Affleck: Capisco che si possa creare confusione tra cosa è reale o non reale dopo la visione, ma quando si fa un film su un personaggio pubblico bisogna che il cineasta rispetti la sua privacy. In questi due anni non ho voluto mai parlare del film, e ho chiesto ai miei collaboratori di fare lo stesso, e questo ha creato molte speculazioni e molti sospetti intorno ad esso. Sono un po' riluttante a parlare di particolari specifici riguardanti il film perchè penso che questo potrebbe influenzare la visione del film da parte di altre persone. E non sarebbe giusto. Non ci sono scherzi, l'idea di un imbroglio non mi è mai neanche balenata in testa.

Ci sono molti attori e personaggi dello spettacolo nel documentario, come Puff Daddy, Ben Stiller e altri. Ci racconta come è avvenuto il loro coinvolgimento? Come hanno reagito quando hanno saputo del documentario? Casey Affleck: Il mio intento era quello di immortalare gli effetti che queste persone hanno avuto sulla vita di Joaquin non il contrario. Tutto è un po' narrativa e un po' realtà, e Puff Daddy era un po' il portatore di cattive notizie, quello che infrange il sogno.

Secondo lei questo film vuol dire qualcosa di particolare sulla cultura delle celebrità? Casey Affleck: Ogni volta che viene fuori un film su qualche personaggio famoso lo si usa come strumento di commento sullo star system, ma per chi è famoso la fama è una cosa normale, una cosa di tutti giorni, con cui si deve 'lottare' quotidianamente. Non ha mai voluto parlare di celebrità questo film, certo è che è un fattore molto importante della vita di Joaquin, ma non si parla di questo. Si parla di amicizia, di ambizioni, di sogni, degli artisti in senso generale, di crisi esistenziali, essa compare ma involontariamente.

Si entra in sala con un sacco di pregiudizi e di idee sul film e se ne esce con la sensazione di aver assistito ad una seduta di psicanalisi, quanto vi ha cambiato questo film?

Casey Affleck: Mi ha cambiato molto, ho imparato molto del lavoro del regista, ho fatto una cosa che volevo fare da tanto e finalmente ci sono riuscito. Joaquin ne è uscito molto cambiato ma non è stato il film quanto il suo percorso personale. Personalmente ritengo che esso sia molto fedele agli eventi realmente accaduti, durante la proiezione si ha la chiara percezione del suo cambiamento, spero che al pubblico accada la stessa cosa, che entri pensando a lui in un modo e ne esca in un altro. A volte i giornali parlano delle celebrità in modo superficiale, in questo modo si sono aperte le porte su uno degli aspetti più intimi di una star, si è aperta una finestra sulla realtà che elimina qualsiasi concezione errata, mostra come un uomo famoso cade e si rende conto di quel che gli accade, si rimbocca le maniche e cerca di rialzarsi in piedi. Spero che prima o poi ci dica lui come si sente veramente ora dopo, magari dopo aver visto il film qui a Venezia o magari da un'altra parte. Anche io ora conosco meglio quel che ruota intorno alle celebrità, le voci che si sono diffuse intorno al film dimostrano come le cose possano essere facilmente manipolate.

Come sta Joaquin Phoenix ora? Casey Affleck: Sarà molto duro per lui vedersi su un grande schermo in quelle condizioni e ripercorrere quei tragici momenti, si emozionerà molto quando accadrà ma la sua presenza qui a Venezia per me è importantissima, è un gesto che dimostra che mi è vicino e che vuole sostenere il film senza paura ed è quello che a me interessa di più.