La sacra rappresentazione di Carlo Mazzacurati a Venezia

Il regista Mazzacurati e i suoi attori approdano al Lido per accompagnare La passione, secondo film italiano in concorso alla Mostra del Cinema.

Una riflessione sull'arte e sulla poetica, una dichiarazione d'amore al teatro 'povero' e all'iconografia pittorica, un'opera autobiografica e appassionata, una commedia che fa riflettere o un film personale che fa ridere. Questo e molto altro è La passione, seconda pellicola italiana in concorso diretta da Carlo Mazzacurati. Il regista padovano gioca in casa presentandosi al Lido di Venezia accompagnato dalle star del film, Silvio Orlando, Giuseppe Battiston, Cristiana Capotondi, Marco Messeri, dagli sceneggiatori Doriana Leondeff e Marco Pettenello e dal produttore Domenico Procacci.

Il film nasce da un'esigenza narrativa personale. Puoi raccontarci la sua genesi?

Carlo Mazzacurati: Non vorrei svelare troppo, ma è vero che il racconto è nato da un'esperienza personale. Anche io, mio malgrado, sono stato coinvolto nella regia di una Sacra Rappresentazione, ma solo quando un mio amico mi ha suggerito di farne un film ho cominciato a pensare seriamente alla possibilità. Il mio è un film che parla dellla paura di tutti gli artisti, il blocco creativo che a volte ci colpisce.

Quanto è difficile ridere e far ridere nell'Italia di oggi?
Carlo Mazzacurati: Oggi la situazione italiana si è talmente complicata che in uno scenario come questo è molto più facile far piangere che far ridere. Il sottotesto italiano è entrato per caso nella nostra storia, non lo abbiamo pianificato a priori, ma abbiamo cercato di raccontare una vicenda con sincerità.

Silvio, puoi raccontarci la crisi creativa dal punto di vista dell'attore? E' così difficile la vita degli artisti oggi?
Silvio Orlando: L'attore, quando arriva sul set, ha già superato il blocco creativo e si è lasciato alle spalle tutte le problematiche. E' vero, però, che in un lavoro come il nostro tendiamo a confondere i piani. La vita privata diventa pubblica. Se il tuo film ha incassato bene nel weekend anche tua sorella ti guarda in modo diverso, mentre se il film è andato male senti di aver perso il tuo posto nel mondo. Arriva il giorno in cui ti tolgono perfino le chiavi di casa.
Carlo Mazzacurati: Penso a chi è giovane e oggi si avvicina a questo mestiere. E' sempre più difficile perché è complicato capire che cosa vuole il pubblico. Spesso la libertà e il coraggio sono fondamentali, ma non sono sufficienti. Prevalgono gli obiettivi economici.

Cristiana, come è stato recitare nel film?

Cristiana Capotondi: Il mio personaggio, di fronte a Silvio Orlando, tira fuori le unghie. E' stata una bella sfida. Sul set provavo pietà per il personaggio di Silvio Orlando e mi sentivo profondamente cattiva.

Silvio, cosa si prova a tornare a Venezia dopo la Coppa Volpi?
Silvio Orlando: Il mio obiettivo quest'anno è di non doverla riconsegnare.

Cristiana, l'Italia è piena di attrici televisive poco talentuose. Ti sei ispirata a qualcuno in particolare per dar vita al tuo personaggio?
Cristiana Capotondi: Sfuggo al pericolo di questa domanda affermando che non c'è nessuna persona a cui ho pensato, ma mi sono rifatta al modo in cui questo mondo viene visto dall'esterno.

Perché creare un'unione tra sacro e profano?
Carlo Mazzacurati: La Sacra Rappresentazione è uno dei momenti più alti della cultura italiana. Mi piaceva l'idea di far precipitare un gruppo di personaggi inconsapevoli in una situazione di bellezza estrema. In questo caso è la storia di un uomo che perde l'ispirazione, ma la ritroverà attraverso questa catarsi. La scelta di spostarmi dalla Pianura Padana alla Toscana è legato proprio a questa necessità, perché il paesaggio toscano è il più adatto a questo contesto per la sua bellezza.

Silvio, come ha influito la tua napoletanità in questo ruolo?

Silvio Orlando: Io ho la fortuna di essere napoletano perciò nessuno mi chiede: "Che ci fa un napoletano in Maremma?". I napoletani sono dappertutto. In questo film ho lavorato più sui silenzi che sulle battute. Questa è la commedia poetica che aspettavo da sempre. Ho fatto tanto cinema, ma ho sempre avuto un rapporto languido con la commedia perché ho sempre cercato una sintesi tra comico e tragico. Esattamente ciò che è questo film.

Giuseppe, puoi parlarci del tuo Ramiro?
Giuseppe Battiston: Non ho ancora visto il film, ma rispetto ad alcuni ho il vantaggio di averlo fatto perciò posso dire lo stesso qualcosa. Il bello del mio personaggio è la rappresentazione del terrore che precede ogni atto creativo. E' un terrore che io conosco bene perché ho un'enorme paura del pubblico e portare queste sensazioni nel personaggio di Ramiro per me è stato molto importante, quasi catartico. Alla fine, per fortuna, Ramiro troverà la sua sublimazione nell'amicizia che si crea con il regista Dubois.