Nicolo Donato presenta il suo Brotherhood

Il regista danese, che con 'Brotherhood' si è aggiudicato il Marc'Aurelio d'oro per il Miglior film allo scorso Festival di Roma, si racconta alla conferenza stampa romana, confidando le motivazioni che lo hanno spinto ad affrontare un tema così spinoso e delicato per la sua opera prima.

È un personaggio difficile da decifrare Nicolo Donato. Danese, ma di origini italiane, come il nome lascia facilmente intuire. Prima di esordire al cinema con Fratellanza - Brotherhood, premiato come miglior film allo scorso Festival Internazionale del Film di Roma, è stato un fotografo di moda, un regista di videoclip, ma anche un volontario per Amnesty International. È un regista e uno sceneggiatore, ma veste quasi come una rockstar: capelli lunghi, giacca di pelle, ampia camicia bianca contornata di ciondoli. Proprio come il regista, è complicato etichettare anche la sua opera prima. Ambientano in seno a una comunità neonazista danese, Fratellanza - Brotherhood racconta lo sbocciare di un amore omosessuale tra due membri del movimento. L'analisi sociale e la denuncia politica cedono il posto al racconto della tormentata relazione tra i protagonisti, con esiti da melodramma tipici del cinema di Danimarca. Il risultato è soprattutto - come ha rimarcato con insistenza il regista alla conferenza stampa romana - una sofferta e intensa love story tra due esseri umani. Tutto il resto non conta.

Alla conferenza stampa dello scorso Festival Internazionale del Film di Roma lei aveva dichiarato di non voler tanto affrontare la questione politica legata all'emergere di gruppi naziskin, ma fosse piuttosto intenzionato a trattare una storia d'amore vissuta in un contesto avverso, una specie di "Romeo e Romeo".
Nicolo Donato: Lo confermo anche adesso. Nonostante il punto di partenza del film fosse l'ottimo documentario tedesco Heroes and Gay Nazis di Rosa von Praunheim, che indagava il fenomeno dell'omosessualità presso i gruppi nazisti, il mio interesse si è quasi subito spostato verso l'aspetto prettamente umano della storia. Come ho detto anche agli attori e alla troupe, Brotherhood non è un film sul Nazismo, ma nemmeno un film sull'omosessualità. Per me è semplicemente la storia di due esseri umani che vivono una storia d'amore in una situazione difficile.

Durante le riprese ha avuto dei problemi con i veri esponenti delle associazioni di estrema destra?
La prima scena del film, incentrata sul pestaggio di un ragazzo omosessuale da parte di un gruppo di naziskin, è stata girata nei luoghi in cui si incontrano veramente queste bande. Per questo motivo il set è stato posto sotto sorveglianza. È normale essere agitati quando si affronta una tematica così scomoda. Ma, terminate le riprese, ho smesso di preoccuparmi, anche perché non ho ricevuto alcun tipo di minaccia da parte dei gruppi di estrema destra. Anzi, mi piacerebbe che anche loro andassero a vedere il film, e che magari iniziassero ad aprire gli occhi su certe questioni.

Il film indaga l'ambiente neonazista in maniera molto dettagliata, ad esempio sottolineando come all'interno di questi gruppi siano presenti anche tematiche ambientaliste. In che modo si è documentato?
Mentre andavo a trovare i miei genitori ho letto su un giornale di un tizio che si faceva chiamare "organic nazi", fondendo nel proprio pensiero il tema ambientalista con le rivendicazioni tipiche dell'estrema destra. Ho detto allo sceneggiatore che questo particolare andava inserito anche nel film, perché si tratta di un elemento che riguarda la realtà di questi gruppi. Il nostro punto di riferimento è stata una persona che ha fatto realmente parte di frange neonaziste e che per questo motivo è finito in prigione per ben cinque volte. Abbiamo parlato a lungo con lui, e alla fine posso dire di essere divenuto suo amico, anche perché nel frattempo le sue idee sono molto cambiate. Il suo nome non compare nei credits del film per ragioni di sicurezza.

Ho molto apprezzato l'utilizzo della colonna sonora, che si avvale dei brani dei Sigur Ròs e di musica indie per descrivere in maniera romantica la storia d'amore tra i protagonisti.
Ho voluto che in tutto il film ci fosse solo un brano che si richiamasse in maniera esplicita all'immaginario nazista. Il resto della colonna sonora è stato scelto per aderire in maniera più fedele possibile alla love story dei protagonisti. D'altro canto non ho preso a riferimento opere come I segreti di Brokeback Mountain, ma ho cercato di intraprendere un percorso stilistico personale, sia per quanto riguarda le scelte musicali, sia per quelle di regia e fotografia.

È vero che ha collaborato in prima persona alla composizione della colonna sonora?
Sì, ho cominciato a immaginare la musica del film già nella fase di stesura della sceneggiatura, anzi devo dire che per certi versi alcuni dialoghi sono da considerare come da accompagnamento alla colonna sonora. Penso che la componente musicale svolga un ruolo determinante all'interno di un film, e se è usata in modo sbagliato può persino rovinarlo del tutto. Penso anche che la musica sia un'arte legata agli affetti e alle emozioni, ed è per questo che ho deciso di comporla personalmente assieme ai miei amici e famigliari. Alla fine il produttore ha condiviso la mia scelta, dicendo che le mie composizioni erano quelle che si adattavano meglio alle immagini.

Trovo che abbia un grande talento nel dirigere gli attori. Volevo sapere in particolare come aveva lavorato con l'interprete di Jimmy, che è uno dei personaggi più complessi e ambigui del film proprio perché in gran parte inconsapevole della propria omosessualità.
Ho lavorato come fotografo di moda per circa dieci anni e sono ormai abituato al contatto con le persone. In generale quello che dico a tutti i miei attori è di pensare solo a immergersi completamente nei loro personaggi, senza preoccuparsi di ricordarsi a memoria le battute o di fare attenzione alla macchina da presa e all'illuminazione. Inoltre li invito sempre a recitare più con gli occhi e con il corpo, che non con le parole. Per quanto riguarda il personaggio di Jimmy è stato compiuto un lavoro molto particolareggiato. Sono andato a trovare l'attore David Dencik in Svezia, dove risiede, e ho parlato a lungo con lui. Stava vivendo un momento molto delicato, perché sua madre era da poco morta di cancro. Abbiamo discusso insieme del personaggio, tentando di immaginare il passato di Jimmy, in modo da elaborare una biografia che giustificasse il suo comportamento.

Gran parte della storia d'amore tra i protagonisti Lars e Jimmy si svolge in una sorta di baita immersa nel verde, vicino il mare, quasi come se si volesse sottolineare il fatto che la loro relazione sia perfettamente naturale e non "contro natura", come sostengono invece i neonazisti. In generale che tipo di lavoro ha compiuto sulle ambientazioni?
Si tratta di una spiegazione eccellente anche se, detto tra noi, non avevo mai riflettuto su questo aspetto. Probabilmente a livello inconscio ho voluto rendere proprio questo tipo di sensazione. In generale penso che le location siano uno degli aspetti fondamentali del film. Abbiamo dedicato molto tempo per scegliere i giusti luoghi per la storia. In particolare quella casa che i due protagonisti costruiscono insieme (che abbiamo dovuto smontare e riedificare di sana pianta) credo che trasmetta molto bene la dimensione della love story. La troupe era accampata proprio in mezzo ai boschi lì vicino e penso che l'ambiente circostante abbia influenzato notevolmente la resa del film.

Qual è il consenso che questo tipo di gruppi di estrema destra riceve nel suo Paese tra i giovani? Vi sono stati molti episodi di violenza di recente?
Negli ultimi anni purtroppo in Danimarca sta crescendo sempre di più l'adesione a questo tipo di fazioni. Non conosco l'età dei membri, perché hanno l'abitudine di girare con il viso coperto. La situazione sta cominciando a peggiorare soprattutto per i cittadini immigrati, che incontrano ormai molti ostacoli e barriere discriminatorie. Sei mesi fa il leader del movimento neonazista ha sostenuto che i suoi aderenti devono organizzarsi come un esercito e imparare a combattere. Io, che sono un antimilitarista convinto e ho lavorato per molti anni presso Amnesty International, sono molto preoccupato.

Il protagonista del film all'inizio sembra opporsi all'ideologia neonazista, ma poi decide ugualmente di aderire al movimento. Come giustifica questa sua scelta?
Credo che decida di entrare nel gruppo perché non si sente adeguatamente amato e rispettato in casa. Lars sente una forte mancanza di una figura paterna e finisce per trovarla all'interno del movimento neonazista, dove i leader per la prima volta ne apprezzano le capacità e il talento. In qualche modo in questo gruppo trova una famiglia vicaria, e probabilmente anche il suo amante Jimmy è una sorta di sostituzione della figura paterna. Poi l'innamoramento rompe irrimediabilmente tutti gli equilibri.

Fratellanza - Brotherhood è il suo lungometraggio d'esordio. Sta lavorando attualmente alla sua opera seconda?
Come ho già detto, per me girare un film è un po' una questione di famiglia. Sto quindi lavorando a un altro progetto sempre con lo stesso produttore e la stessa troupe, che considero un po' la mia famiglia artistica. In particolare ho in cantiere due sceneggiature, una delle quali, dal titolo August, è una storia che tratta di come si affronta e si supera la depressione. Per certi versi si tratta di un'ennesima love story. Parla di un padre che, in seguito alla morte della figlia di cancro, sprofonda in un baratro di follia, da cui viene aiutato a uscire grazie all'amore. Il soggetto è stato considerato troppo provocatorio, e anche le scene di sesso che presenta non sono state apprezzate. Ma io ho vissuto da vicino l'esperienza della depressione e tutto quello che voglio fare è raccontarla in maniera fedele, sottolineando come l'unico modo per uscirne sia l'amore.