Lost - Stagione 6, episodi 17 e 18: La fine

Dopo sei anni, Lost arriva ad un finale che vive di emozioni, ma non può salvare una stagione conclusiva deludente.

L'evento televisivo dell'anno è finalmente arrivato. Un doppio evento per noi italiani, perchè per la prima volta il pubblico del nostro paese ha potuto seguire, grazie a Fox, uno show americano in contemporanea con gli Stati Uniti: orologi puntati alle 6 di mattina, quindi, per poter seguire insieme agli spettatori americani il doppio finale di Lost dopo sei anni dal suo dirompente arrivo in televisione. Da quel settembre del 2004, la strada della serie si è fatta articolata e complessa, cervellotica ed a tratti inconcludente, fino ad una stagione finale, questa sesta, che diviso gli spettatori, deludendo buona parte di essi.
Diciamolo subito: il finale non salva la qualità della stagione, non potrebbe, non può. Ma Damon Lindelof e Cartlton Cuse, coadiuvati alla regia dal fidato Jack Bender, responsabile artistico dislocato alla Hawaii per tutta la serie, riescono a chiudere il cerchio quantomeno a livello emotivo: si tratta di emozioni facili, ma senza dubbio dovute allo spettatore affezionato, ottenute più sul passato che sul presente, allo stesso modo in cui i cinque minuti finali di Star Wars ep. III - La vendetta dei Sith le conquistavano mostrandoci il raccordo con la trilogia classica.

Narrativamente parlando, il doppio finale La fine porta a compimento le due storyline abbozzate nel corso dell'anno, quella dell'isola e quella dei flashsideways, spostandosi alternativamente tra i due livelli, intersecandoli a volte a livello logico.

Da una parte, si ripropone il conflitto tra Locke e Jack, ma dovremmo dire Terry O'Quinn e Matthew Fox, perchè il primo è ormai ridotto ad un mero contenitore per l'entità che conosciamo come fumo nero, mentre Jack è ormai investito da Jacob del ruolo di protettore della sorgente dorata: il primo ha intenzione di affondare l'isola, richiamando le immagini sommerse viste negli ultimi istanti della premiere di stagione, il secondo deve impedirglielo. Ma Jack va oltre ed è deciso ad uccidere il suo avversario, sicuro di sapere come fare. Ad entrambi serve Desmond, recuperato da Locke dall'accampamento di Bernard e Rose, che ormai vivono pacificamente e, per scelta, in modo neutrale sull'isola, ignorando saggiamente tutte le follie che gli accadono intorno.
La missione è semplice: letteralmente togliere il tappo dell'isola, lasciando prosciugare la sorgente dorata ed attivare il processo di distruzione del luogo. Jack è però convinto di poter avere la meglio sul suo avversario una volta che l'atto di Desmond, l'unico che può riuscire nell'impresa per la sua naturale immunità all'elettromagnetismo, è concluso, e così è: lo scontro è violento, sullo sfondo di un'isola che trema e crolla, ed il dottore riesce ad avere la meglio sul suo avversario grazie all'intervento provvidenziale di Kate.
E mentre le altre figure di contorno non stanno a guardare ed un gruppo di loro, composto tra gli altri da Sawyer e Kate, riesce a raggiungere, riparare ed usare l'areo Ajira per andare via dall'isola, ad un Jack ferito e stremato non resta che sacrificarsi per rimettere il tappo per cercare di interrompere il processo di distruzione, non prima di aver affidato ad Hurley il compito per il quale si era offerto volontario, quello di protettore dell'isola, confidando nella sua maggior qualità, ovvero quella di sapersi occupare del prossimo, con l'assistenza di un vice esperto quale Ben.
E' la parte che ci convince meno, che, come intuito dal precedente Per cosa sono morti, nulla aggiunge alla mitologia della serie, chiudendo soltanto il discorso già impostato in tutta la stagione, senza fornire ulteriori risposte agli spettatori, che dovranno accontentarsi dei venti minuti aggiuntivi annunciati per l'homevideo di prossima pubblicazione.

In quella che per comodità continueremo a chiamare realtà alternativa, invece, tutto converge verso il concerto tenuto da Daniel con l'accompagnamento dei Drive Shaft, con Desmond impegnato a provocare le epifanie di tutti i suoi compagni di sventura, mettendoli faccia a faccia con una realtà che non ricordano. Sono i momenti più riusciti dell'episodio, dall'ecografia di Sun per mano di Juliet, che rievoca quella già avvenuta sull'isola, al nuovo incontro tra Sayid e la rediviva Maggie Grace nel ruolo di Shannon, nonchè di Claire e Charlie: scene che si intrecciano con le immagini tratte dal passato della serie e che Michael Giacchino sa sottolineare ed enfatizzare, suscitando inevitabile commozione nel pubblico. Si tratta di immagini tratte dai momenti più intimi e quotidiani, quelli che hanno costruito le relazioni tra i personaggi, quelle che si sono sedimentate dentro di loro, rendendoli completi e capaci di andare avanti.

E' questo che gli si chiedeva fin dall'inizio e che il padre di Jack (Christian Shepard, pastore cristiano) spiega al figlio nella chiesa in cui si sarebbe tenuto il suo funerale ed nella quale i personaggi sono riuniti nel finale. Non ci sono tutti, qualcuno, come Desmond ci fa capire parlando di Ana Lucia, non è ancora pronto e qualcun altro, come Ben che resta fuori dopo il perdono di Locke, non si sente degno; ma ci sono tutti i principali, nella maggior parte in coppia con quelli a cui si sono legati maggiormente: Rose ovviamente con Bernard, Sun con Jin, Charlie e Claire, Hurley e Libby, ma anche Sawyer con Juliet e Jack con Kate, come se gli autori volessero dire che è nella forza del loro rapporto che hanno trovato la forza di andare avanti (Move On, ci dice l'originale inglese).
Ma andare dove?

La risposta sembra darcela il padre di Jack, che, da solo, apre la porta della chiesa e si immerge nella luce, facendoci tornare alla mente la celebre Purgatory Theory nata poco dopo l'inizio della serie e smentita dagli stessi autori: il mondo in cui li abbiamo visti muoversi nei flashsideways non è mai chiamato esplicitamente purgatorio da Christian Shepard, ma il senso è quello; un mondo emotivo e personale in cui tutti loro hanno cercato di reincontrarsi perchè solo insieme sono stati completi.

Nella toccante sequenza finale, la camera di Bender ce li mostra seduti sulle panche della chiesa, a coppie, alternando le immagini a quelle di Jack che si trascina nel campo di bambù in cui si era svegliato nel Pilot, per giacere lì accanto a Vincent e lasciarci con l'ovvia immagine finale del suo occhio che si chiude, specularmente collegata a quella di apertura della serie.
Siamo arrivati alla fine, a guardare il cerchio ormai composto e, inevitabilmente, nonostante i problemi, nonostante l'amarezza per la deriva dello show, emotivamente provati per l'addio ad una serie che ci ha accompagnati per sei lunghi anni. A noi spettatori di Lost non resta che assorbire quanto accaduto, rifletterci su, se ne avremo voglia e forza, per poi andare avanti. Siamo sopravvissuti alla fine de I segreti di Twin Peaks, a quella di X-Files e Buffy - L'ammazzavampiri ed a quella più recente di E.R. - Medici in prima linea, tutte serie che in un modo o nell'altro hanno segnato un'epoca. Sopravviveremo anche all'assenza di Lost e ci saranno altre serie che sapranno appassionarci e coinvolgerci.