Doctor Who, stagione 5: Il tirocinio del Dottore

Il giovane Matt Smith è l'Undicesimo Dottore, protagonista della quinta stagione di Doctor Who. La serie cult, oltre al cast, cambia anche produttori e responsabili creativi. È iniziata l'Era di Moffat.

Il passaggio di consegne da un "vecchio" Dottore a uno "nuovo", è seguito, nel Regno Unito, come l'incoronazione di Sua Maestà. La scelta dell'interprete dell'Ultimo Signore del Tempo è accompagnata con clamore da classifiche, ipotesi, predizioni (dopo la dipartita di Tennant si parlò addirittura di Jason Statham e James Nesbitt); l'annuncio dell'identità del candidato prescelto genera sui giornali e in internet valutazioni e pronostici di ogni genere. Il Doctor Who 2005 ideato da Russell T. Davies ha riportato il personaggio e la serie allo status di cult, e Christopher Eccleston ha prestato il suo volto spigoloso, la sua voce calda e il suo spiccato "accento del Nord" al Nono Dottore. È restato solo per una stagione, ma è bastato per far arricciare il naso ai fan che già gli si erano affezionati e mal tolleravano la prospettiva che venisse sostituito da David Tennant, spilungone lentigginoso e dal ciuffo spettinato.
Tennant ha interpretato l'ultimo sopravvissuto di Gallifrey per tre anni e ha conquistato lo scettro di Dottore più amato di sempre... pensate al poveretto che ha dovuto raccogliere la sua eredità.

Già gli ultimi attori a prestare il proprio volto al Gallifreyano erano stati giudicati un po' troppo giovani, la scelta del 27enne Matt Smith ha lasciato di stucco gli affezionatissimi estimatori della serie. Le prime foto di Smith che veste i buffi panni - pantaloni e stivaletti alla Oliver Twist, farfallino e bretelle - dell'Undicesimo Dottore, ha lasciato perplessi un po' tutti, ma finalmente è giunto il tempo di basare il proprio giudizio su una manciata di episodi.

Ormai avezzi a portare pazienza, quando si tratta di rigenerazioni di Signori del Tempo, i vecchi spettatori che puntualmente spergiurano di boicottare il nuovo Dottore e alla fine cedono alla tentazione e alla nostalgia, si sono ritrovati il 3 aprile sintonizzati su BBC 1 per fare la conoscenza della più recente reincarnazione. L'ultima rigenerazione è un po' più svampita, logorroica e confusionaria di Ten, ha un look da alunno del libro Cuore e, dopo aver salutato gli amici incontrati negli ultimi anni, è in cerca di una nuova compagna. La fortunata - se così si vuole chiamare l'ennesima fanciulla cui tocca il privilegio di viaggiare in lungo e in largo nell'universo per essere abbandonata dopo qualche anno al proprio destino - è la diciannovenne Amelia (Amy) Pond, rossa scozzese che ha conosciuto il Dottore da bambina e ne ha atteso il ritorno per anni.

La produzione ha cercato, saggiamente, di evitare una netta cesura con il passato, Matt Smith cerca di personalizzare come può i mannerism di Tennant, mentre Karen Gillan si distingue per essere una compagna con un'identità originale e ben definita: dall'aspetto esile, è cocciuta, forte, sbrigativa e permalosa, il modello femminile preferito dal novello capo sceneggiatore Steven Moffat.

La quarta stagione non ha segnato solo l'abbandono di Tennant, ma anche della produttrice Julie Gardner e del creatore Russell T. Davies. Quest'ultimo, responsabile della rinascita della serie, lascia le redini a uno dei sceneggiatori del team, quel Steven Moffat che assieme a Paul Abbott e Peter Morgan costituisce la Trinità dei migliori screenwriter del Regno Unito. Lo scozzese, classe 1951, ideatore del cult Coupling e dell'irresistibile miniserie Jekyll, dopo aver scritto alcuni degli episodi più belli di Doctor Who 2005 - Il Bambino vuoto - parte 1, Il Bambino vuoto - parte 2, Finestre nel tempo, Colpo d'occhio, Silence in the Library e Forest of the Dead - ha finalmente l'occasione - e l'arduo compito - di dar vita al "suo" Dottore. Mentre Davies è eccessivo, autoreferenziale e rocambolesco, Moffat privilegia l'aspetto etico, lo slittamento del punto di vista e ha un talento eccezionale nell'escogitare soluzioni narrative imprevedibili e dai finali folgoranti, elementi che si combinano felicemente nella prima parte della quinta stagione di Doctor Who.
Dopo che Davies si è premurato di chiudere in fretta e furia le sue storyline, Moffat riprende e sviluppa alcuni personaggi e trame da lui introdotti nelle stagioni precedenti, ma finalmente con un taglio più personale.

Saggiamente, opta per una première di stagione (The Eleventh Hour) in linea con il format precedente: frenetico, ricco di azione e ideato per ribadire l'autorità del Dottore come l'Ultimo temutissimo Signore del Tempo. L'incontro con la nuova compagna, mentre sia lui che il Tardis sono ancora in corso di restyling, è anche l'occasione per introdurre i primi riferimenti a una storyline che viene ripresa nel quinto episodio.
Basta aspettare il secondo episodio per riconoscere subito il genio narrativo di Moffat, che dà vita a una puntata (The Beast Below) che raccogli tutti gli stilemi della sua affabulazione adattandoli - non sovrapponendoli - con lievità alla serie; il Signore del Tempo e Amy si ritrovano su una nave spaziale fluttuante nella galassia: ogni Paese ha un'astronave e il Dottore naturalmente finisce su quella che ospita i cittadini britannici (meno gli scozzesi, che hanno voluto una mezzo di trasporto indipendente!): sull'astronave, dalla quale scompaiono inspiegabilmente ogni giorno decine di individui, vige un regime del terrore controllato da misteriosi e terrificante burattini, che una donna bellissima e coraggiosa tenta da anni di annientare. La Starship Uk nasconde un segreto ancora più grande, legato al sistema di propulsione della nave: la rivelazione finale emoziona con un esito imprevedibile e commovente, in perfetta identità tra l'etica del Dottore e quella di Moffat.
L'unico episodio della prima parte della stagione che lo sceneggiatore non ha scritto è il terzo (Victory of the Daleks), che decreta il ritorno dei Dalek, questa volta al servizio, nientemeno, che di Winston Churchill. La trama escogitata reintroduce gli arcinemici dei Signori del Tempo, come al solito imprigionati in esoscheletri a forma di aspirapolvere. Nel frattempo la nuova coppia di protagonisti cerca una propria identità, nonostante le difficoltà insite nella sfida di perpetrare un mito declinandono secondo nuovi schemi.

Le due puntate successive, The Time of Angels e Flesh and Stone, affondano narrativamente le proprie radici in tre puntate scritte da Moffat tra la terza e la quarta stagione: Blink - dove una Carey Mulligan bionda pre-An Education (tra i numerosi giovani attori di talento comparsi nella serie, anche l'Andrew Garfield di Parnassus - L'uomo che voleva ingannare il diavolo) si scontra con i terrificanti Angeli di pietra - e il doppio episodio Silence in the Library/Forest of the Dead, oscura e spaventosa storia impreziosita dalla presenza di Alex Kingston (una delle prima britanniche a migrare alla televisione americana, dov'era l'Elizabeth Corday di E.R. - Medici in prima linea).

La Kingston è la misteriosa River Song, di cui si ignora la natura del suo antico rapporto con il Dottore. Gli angeli e la Song - la quale nella linea temporale di Decimo e Undicesimo Dottore è una conoscenza recente - si scontrano su un pianeta una volta abitato da alieni bicefali. La storia segna una cesura di mezza stagione virtuale, sia perché riprende la sottotrama della misteriosa fenditura spazio-temporale apertasi nella camera da letto di Amy, sia perché il ritorno della giovane scozzese (dall'accento non troppo scozzese...) e dell'"anziano" Dottore nella casa d'infanzia della ragazza segna un'altra svolta: la Pond è la prima compagna di Doctor Who 2005 impermeabile alle remore affettive e ai pudori dell'alieno.

Amy non segue le orme delle compagne precedenti, tutte - o quasi - invariabilmente attratte dal Signore del Tempo e tutte più o meno respinte, ma forte della sua spavalderia non esita a saltare addosso all'extraterreste... azione dai contorni quasi epocali visti gli algidi standard della serie, di cui attendiamo gli sviluppi. Che sia solo una reazione all'imminente matrimonio (a tutt'oggi, solo Martha non era fidanzata e/o prossima alle nozze) o un'atteggiamento motivato da un'attrazione profonda - non si sa quanto ricambiato dal Dottore che ha raggiunto nel frattempo le 907 primavere - l'"aggressione" della rossa produce un'innegabile soddisfazione nel pubblico esasperato da anni di compagne sospiranti d'amore (nel caso di Donna, i sospiri erano però riservati all'omnisexual capitano Harkness). Amy è irruenta, coraggiosa, e spesso irritante, ma sicuramente la sua indole indomita e il suo look sportivo (ma con attenzione per trucco e parrucco - i fluenti capelli e le unghie smaltate sono sempre curatissimi) ricordano un po' uno dei personaggi femminili più memorabili della recente storia televisiva britannica, quella dell'impavida ma apparentemente fragile Claire Jackman di Jekyll.

Viene da chiedersi se Moffat, ora che ha il controllo creativo della serie, non deciderà di far comparire come guest i suoi attori favoriti. Magari possiamo aspettarci, visto che la prediletta Gina Bellman è impegnata sul set di Leverage nel ruolo di imbrogliona poligotta, una partecipazione del diabolico James Nesbitt, preferibilmente in una parte da cattivo. L'esperienza con John Simm nei panni del Master ha dimostrato che antagonisti con una personalità forte e psicologicamente instabile costituiscono la nemesi ideale del Dottore, per questo ci auguriamo che l'alieno trovi presto un nuovo arcinemico. La seconda metà della stagione continuerà con Vampires of Venice, scritto dal vampirofilo Toby Whithouse, creatore di Being Human. Dopo Pompei, Doctor Who torna a dimostrare un'affezione per le ambientazioni mediterranee più suggestive: dall'esperienza campana Davies tornò con un'ossessione per Raffaella Carrà che riversò nell'inquietante puntata con Lesley Sharp Midnight, chissà se anche Moffat se ne uscirà con qualche sorpresa.