Isabella Ragonese, il quadrifoglio del cinema italiano

In esclusiva per i suoi lettori Movieplayer.it ha incontrato la giovane interprete Isabella Ragonese che, dopo aver partecipato a successi come 'Tutta la vita davanti' di Virzì e 'Dieci inverni' di Mieli, torna sul grande schermo insieme a Lorenzo Balducci in 'Due vite per caso', opera prima di Alessandro Aronadio.

E' stata ironicamente ribattezzata nuova icona della gioventù precaria. Isabella Ragonese ci ride su pensando ai tanti ruoli da giovane, carina e occupata male che ha interpretato al cinema con brio e freschezza. In fondo può solo ritenersi fortunata ad essere considerata il volto più adatto a rappresentare le mille inquietudini dei giovani di oggi. L'interprete siciliana, classe 1981, con alle spalle una solida carriera di attrice e autrice teatrale, è diventata col tempo musa ispiratrice di quei registi che hanno indagato con sorriso e amarezza le tante incongruenze della nostra società. Lo ha capito quella gran volpe di Paolo Virzì che in Tutta la vita davanti le aveva affidato il ruolo di Marta, una laureata con lode in filosofia teoretica, finita a vendere elettrodomestici in un call center. La brava attrice non si è sottratta alle stra-commedie come Oggi sposi di Luca Lucini, né ai drammi come Viola di Mare di Donatella Maiorca, ma è nelle opere a metà tra indagine sociologica e commedia di costume che Isabella Ragonese dà il meglio di sè, sfruttando la naturale dolcezza del suo viso e da quel tenero sguardo un po' furbetto. In Due vite per caso, debutto cinematografico di Alessandro Aronadio nelle sale italiane da venerdì 7 maggio, c'è in verità poco spazio per la leggerezza ma a farla da padrone è il minaccioso senso di angoscia che attanaglia il protagonista Matteo, l'efficace Lorenzo Balducci, un ventinquattrenne come tanti che ad un certo punto della sua vita, complice un tamponamento ad un'auto della polizia, si trova a vivere due esistenze parallele. Una sorta di inquitetante Sliding Doors dove si deve scegliere se essere ribelli e partecipare a manifestazioni politiche o essere allineati e coperti, magari arruolandosi nei carabinieri. Dopo aver duettato con l'intenso Lorenzo Balducci, poi, Isabella Ragonese tornerà a far coppia con Elio Germano (suo sfortunato spasimante in Tutta la vita davanti) nell'attesissimo lavoro di Daniele Luchetti La nostra vita, unico film italiano in corsa per la Palma d'Oro al prossimo Festival di Cannes.

Isabella, ti infastidisce un po' essere etichettata come icona del precariato al cinema?

Isabella Ragonese: L'emblema della sfigata, vuoi dire (ride). In effetti, molti dei miei film passati ruotatano attorno a questo problema, ma io non ho fatto sempre lo stesso film. Ho cambiato il registro recitativo e questo per me è stato davvero importante.

In Due vite per caso interpreti Sonia, la barista che vive con il Matteo "ribelle", quello che sceglie di opporsi al sistema. Che personaggio è?

Mi sono subito innamorata di Sonia, una donna forte, dall'energia trainante. Quando lei incontra Matteo qualcosa cambia, poi lui, che è un moderno uomo senza qualità, non riesce ad andare oltre.

Quanto avete provato con il regista prima di iniziare a girare?

Abbiamo lavorato molto. Per quello che riguarda il personaggio di Sonia abbiamo lavorato molto sulla ripetizione. Cioè girare la stessa scena, ma con esiti diversi. Sonia compare sia nella prima che nella seconda vita del protagonista. Ma c'è quel piccolo cambiamento che doveva essere lavorato.

Hai lavorato con grandi registi come Paolo Virzì, Emanuele Crialesi e Daniele Luchetti. Com'è stato invece tenere a battesimo un esordiente come Alessandro Aronadio?

Non è facile prendere parte ad un'opera prima. Quando lavori con un regista conosciuto puoi contare su una forte rete di protezione. Ad esempio, mentre lavori puoi vedere i suoi film passati e magari trarre ispirazione. L'autore è una vera e propria garanzia. Quando lavori con un debuttante, invece, non hai nessun appiglio per decidere. In questo caso mi sono affidata alla fiducia che mi ha ispirato il regista. E questo discorso vale sia per Aronadio che per Dieci Inverni. Istintivamente devo dire che si è trattato di una scelta giusta, perché i film sono andati molto bene.

Non è semplice avere fiducia...

Alessandro è una persona che ha una passione grande per il cinema. Non è certo uno che si è improvvisato regista. Ha una grande conoscenza dell'argomento e credo che questo traspaia anche dal film, dalle citazioni, dal modo di usare la macchina. Quando mi ha parlato del film era molto sicuro del fatto suo e questa cosa mi ha stupito. Se vuoi fare il regista, poi, questa testardaggine alla lunga serve considerati i mille problemi che nascono sul set.

Senza dimenticare i rischi che si corrono. Un debuttante si lancia davvero senza rete...

Sì e a me piacciono le persone che prendono i rischi. Due vite per caso è decisamente un'opera rischiosa, sia per la struttura che per l'argomento. Alessandro non si è fatto mancare proprio niente. Mi piace premiare il coraggio. Questa non è la solita storia "due camere e cucina".

Certi film "programmatici" sui giovani rischiano di essere una rappresentazione piatta della realtà, perché questo film è diverso?

Perché narra cose importanti e soprattutto perché c'è una lontana eco del G8, un tema che non è ancora abbastanza raccontato al cinema italiano. Io personalmente sono stata sconvolta da quell'avvenimento. Per me esiste un periodo prima del G8 e dopo il G8. E poi perché si parla di precariato. Non solo lavorativo.

La sensazione che emerge dal film, infatti, è che ci sia anche una sorta di precariato emotivo, umano. E' più complicato di quello lavorativo?

Non giriamo film di fantascienza viviamo in un mondo in cui il "posto fisso" è un miraggio, ma credo anche che non siano tanti i giovani che vogliono passare il resto della loro vita in un tristissimo ufficio. Insomma, è normale che ci sia una certa flessibilità. Ed è normale che questa vada oltre il semplice concetto di lavoro, che si sposti al livello emotivo e sentimentale. Il punto è un altro. Il punto è che si sono allungati in maniera spropositata i tempi della giovinezza. E' fico poter dire di essere giovani a 40 anni, ma il rischio è che diventi una scusa per non fare nulla. In questo film poi si racconta qualcosa che molto contemporaneo; quando tu accendi la TV, leggi un giornale, ci sono talmente tante cose negative che dovremmo scendere in Piazza per ogni cosa. Avere tutte queste motivazioni per protestare, ci porta però a non fare assolutamente nulla. Ci si indigna, ma sei completamente inattivo.

Cosa pensi che si dovrebbe fare allora per cambiare la situazione?

Dobbiamo svegliarci! Non è ammissibile vivere in un paese in cui si televota con l'sms, ma poi si decide di non andare a votare.

Hai mai pensato di essere una portafortuna del cinema italiano? Dieci Inverni di Valerio Mieli ha avuto una buona accoglienza a Venezia, Due vite per caso è stato presentato con successo all'ultimo Festival di Berlino e ora ti tocca il Festival di Cannes con La nostra vita di Daniele Luchetti, unico italiano in concorso...

Provo una felicità assoluta. Il Festival di Cannes è il più prestigioso in assoluto. Spero di divertirmi.