The Pacific: La guerra privata e la guerra di tutti

The Pacific, oltre a rappresentare una piacevolissima occasione di intrattenimento, ci permette anche di portare in salvo nella memoria le battaglie invisibili di coloro che, andando in guerra per il proprio paese, si sono visti togliere la propria umanità.

Ciò che ha decretato, quasi dieci anni fa, il successo di Band of Brothers, non è soltanto la produzione blasonata, guidata da due giganti del cinema come Steven Spielberg e Tom Hanks. La cura dei dettagli, la veridicità storica hanno sicuramente avuto la loro parte, ma ciò che ci ha fatto appassionare alle vicende della Compagnia Easy è lo sguardo onesto, lontano dalla retorica, con cui ci ha descritto la guerra.
Frutto della trasposizione del libro Banda di fratelli di Stephen Ambrose, la serie ha messo l'accento sulla componente umana del conflitto, sul lato oscuro delle battaglie passate alla storia come grandi vittorie, sul carico di orrori e responsabilità che ogni protagonista di quella guerra è destinato a portare con sé.

The Pacific, presentata nell'ambito del Telefilm Festival 2010 ed in onda dal 9 Maggio su Sky Cinema, è forse un progetto ancora più ambizioso. Il fronte europeo del conflitto è quello più noto, quello in cui gli Stati Uniti hanno dimostrato tutta la propria potenza e capacità risolutiva, sebbene con i limiti e le contraddizioni messe in evidenza con tanta lucidità da Ambrose. Ma la guerra del Pacifico è stata ben più complicata: partiti in svantaggio dopo l'attacco a sorpresa a Pearl Harbor, gli americani hanno dovuto riguadagnare terreno combattendo tanto gli uomini quanto la propria ignoranza, del nemico, del territorio, dei propri mezzi.

Ancora una volta Spielberg ed Hanks si sono affidati alle memorie cartacee dei protagonisti di quei momenti, prendendo spunto da With the Old Breed di Eugene B. Sledge e Helmet for my Pillow di Robert Leckie.
Proprio sul maturo e sensibile Robbie è incentrato l'episodio pilota di The Pacific. Mentre il giovane Eugene è costretto a rimanere in patria dalle insistenze paterne e da un soffio al cuore, e invia lettere rabbiose all'amico Phillips in cui rimpiange la delusione inflitta alla propria patria, il marine Leckie sbarca con la propria unità a Guadalcanal. Nonostante l'entusiasmo americano, il grosso del conflitto si mantiene a distanza dall'isola, e vede la costante avanzata delle truppe imperiali. I rari e brutali scontri a fuoco permettono però a Robert di cogliere tutta l'impreparazione dei propri superiori, ma soprattutto la furia sanguinaria di alcuni compagni, ben lontani dalla pietas dimostrata dal protagonista.

Anche questo secondo excursus sulla Seconda Guerra Mondiale, quindi, sembra basare gran parte della sua forza espressiva sull'attenta caratterizzazione dei personaggi. Pur se ancora con una certa rozzezza, che auspicabilmente verrà risolta nel prosieguo della narrazione, ognuno dei Marine sembra incarnare un diverso atteggiamento nei confronti della guerra: fatalismo, senso del dovere, esaltazione, dubbio, senza dimenticare l'umanissimo terrore.

Compito della telecamera è tanto quello di seguire da vicino i protagonisti, in modo da rendere conto dei più sottili passaggi psicologici, quanto di dimostrarsi attenta e puntuale nei conflitti a fuoco. Coadiuvata da un impeccabile uso degli effetti speciali, la regia (in questo caso quella di Tim Van Patten) risulta equilibrata e rende giustizia tanto alle sequenze intimiste che alle scene più concitate.
Raccontare la verità è sempre una grande responsabilità, specie se si tratta di una verità personale, privata, che all'indubbia forza del racconto storico unisce una sofferta considerazione etica. The Pacific, oltre a rappresentare una piacevolissima occasione di intrattenimento, ci permette anche di portare in salvo nella memoria le battaglie invisibili di coloro che, andando in guerra per il proprio paese, si sono visti togliere la propria umanità.