Recensione Notte folle a Manhattan (2010)

Notte folle a Manhattan è una commedia degli equivoci sul classico tema dello scambio d'identità, che non riesce a sfruttarne a pieno le potenzialità del cast e del plot, causa una scrittura indecisa nel coniugare il messaggio familistico con il verbo comico più slapstick.

Tra moglie e marito non metter l'intrigo

Phil e Claire Foster sono una coppia della middle class del New Yersey. Hanno due figli particolarmente esuberanti e due lavori impegnativi che gli impediscono di concedersi tempo sufficiente per loro e per l'intimità. Timorosi di diventare una tipica coppia senza stimoli, sul viale del tramonto, decidono di dedicare una serata alla settimana a loro stessi, andando a cena fuori, lasciando i figli con una baby-sitter. Progressivamente anche questo spazio diventa routine, con i due abituati a passare la serata alla spartana Teaneck Tavern intenti a spiare le giovani coppie e i loro comportamenti, fino a quando Phil non decide di portate la moglie a Manhattan, nel ristorante più esclusivo della città. Impossibilitati a entrare per l'assenza di prenotazione, i due si fingeranno i coniugi Tripplehorn, una coppia che ha prenotato un tavolo e non si è presentata. Scelta sbagliata perché i Tripplehorn sono una coppia di ladri braccati da due poliziotti corrotti in combutta con un boss della malavita. Inizierà una fuga spericolata alla ricerca della verità in cui Phil e Claire dimostreranno una scaltrezza insospettabile e ritroveranno stimoli ormai sopiti.

Diretta da Shawn Levy, regista esperto nel genere, Notte folle a Manhattan è una commedia degli equivoci sul classico tema dello scambio d'identità, sui valori della famiglia e sulle difficoltà di mantenere forte un legame affettivo sovrastati dalle esigenze dei figli, lo stress quotidiano e le difficoltà del lavoro. Il film prende le due icone più brillanti della televisione americana come Tina Fey (30 Rock)e Steve Carell (The Office) ma non riesce a sfruttarne a pieno le potenzialità, causa una scrittura indecisa nel coniugare il messaggio familistico (talmente sfacciato da risultare un po' pedante) con la carta dello slapstick, inserendo una serie di gag nell'improvvisa trama investigativa che si apre. Comicità e azione sono un connubio delicato e il risultato è un miscuglio confusionario che tarda a concedere il divertimento anche a causa di un doppiaggio italiano deficitario, particolarmente penalizzato da un mixaggio audio poco riuscito. Rimane poi oscura la scelta di girare il film in digitale con una fotografia sporca e sgranata, totalmente fuori luogo per un prodotto da cui si aspetta una confezione da famiglia, più che da noir amatoriale.
Il film procede a strappi alternando la sua anima riflessiva a una comicità ridondante, fatta di giochi di parole e situazioni grottesche, affidate a una serie di camei illustri che irrompono nel plot costruendo siparietti per lo più divertenti. Certamente riuscito è quello affidato a Mark Wahlberg nei panni di inesperto di sicurezza, ex cliente dell'agenzia immobiliare di Claire, playboy da strapazzo che gironzola nudo con fare amichevole e un po' ritardato, causando le invidie del marito Phil che lo implora di indossare una camicia. Strappa qualche risata anche la vera coppia Tripplehorn, composta da James Franco e Mila Kunis, rispettivamente spacciatore e spogliarellista che (probabilmente) improvvisano un battibecco demenziale e scurrile con i Foster. Dimenticabili invece le presenze di Ray Liotta in una manierata interpretazione del boss John MIletto e Mark Ruffalo, l'amico di Phil che lo informa del logorio della vita coniugale.