Aronadio e Ragonese presentano Due vite per caso

Presentato a Roma il film di Alessandro Aronadio, in uscita il 7 maggio con la distribuzione di Lucky Red che vede protagonisti Isabella Ragonese e Lorenzo Balducci, che ha preferito disertare la conferenza stampa a causa delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto il padre Angelo.

Non aveva voglia di essere presente alla conferenza stampa di Due vite per caso Lorenzo Balducci: le recenti vicende giudiziarie che hanno coinvolto il padre Angelo, ex presidente del Consiglio dei Lavori pubblici, hanno spinto il giovane e bravo attore ad evitare i riflettori che in qualità di protagonista assoluto avrebbe guadagnato. Così a parlare della sua prima creatura cinematografica, presentata con successo nella sezione Panorama al 60.mo Festival di Berlino, ci ha pensato il regista Alessandro Aronadio in persona che insieme alla protagonista del film Isabella Ragonese e ad altri due attori del cast, Monica Scattini e Riccardo Cicogna, ha risposto alle domande dei giornalisti. Per il suo debutto, l'autore siciliano ha scelto una storia non facile, che nella vicenda del protagonista, Matteo Carli (Balducci), ha condensato la frustrazione e il senso di impotenza dei nostri giovani. Matteo è un ragazzo come tanti, che lavora in un vivaio per un misero stipendio. Al termine di una serata con Sandro, l'amico di sempre, Matteo tampona per sbaglio una macchina della polizia. La sua vita prende allora due direzioni. In una, vittima del pestaggio subito dagli agenti in borghese, Matteo sceglie di ribellarsi alla violenza e di cercare quella giustizia che sembra sfuggirgli di continuo. Nell'altra, mette la testa a posto, decidendo di diventare carabiniere. Lo affiancano in questo duplice percorso due donne agli antipodi, Sonia (Isabella Ragonese), una barista impegnata politicamente, e Letizia (Sarah Felberbaum), una studentessa di ottima famiglia. Più che un luogo fisico, questa biforcazione diventa per il protagonista una sorta di gabbia temporale, una clessidra (come ha ammesso lo stesso regista) in cui i granelli di sabbia scorrono inesorabilmente, senza che una decisione reale venga presa.

Alessandro, vuoi raccontare com'è nato il progetto?

Alessandro Aronadio: Avevo letto il libro di Marco Bosonetto Morte di un diciottenne perplesso e mi aveva colpito. Grazie alla quarta di copertina sono risalito all'indirizzo dell'autore che è di Cuneo. Per trovare il numero ho perfino parlato con la madre di Marco, spacciandomi per amico del figlio. Quando sono riuscito a contattarlo, con lui sono stato chiaro. Non ti garantisco niente, gli ho detto, ma se ti va puoi sceneggiare il film con me. E così è stato. Poco alla volta ci siamo allontanati dal racconto. E' rimasta solo la struttura a doppio binario.

Cosa ti ha affascinato del tema del doppio? Alessandro Aronadio: è un tema universale. Ci accomuna tutti, come l'amore nelle canzoni. Anche perché tutti i film d'amore, secondo me, possono essere raccontati come film sul doppio. E poi all'interno di ognuno di noi convivono due parti distinte. L'equilibrio o il disequilibrio con cui riusciamo a fronteggiarle, determina il nostro destino.

Hai avuto una certa dose di coraggio a scegliere questa storia... Alessandro Aronadio: Non volevo fare una storia generazionale. E' un aggettivo abusato negli ultimi anni. Ma spero davvero di aver raccontato sogni, desideri e frustrazioni comuni ai giovani di oggi. L'elemento della spensieratezza è fondamentale, ma è giusto confrontarsi anche con problemi reali. Mi sembrava più onesto voler dar voce a chi vuole trovare spazio all'interno della società. Altrimenti il rischio è che questo malcontento venga anestetizzato. L'Italia, per parafrasare i fratelli Coen, non è un paese per giovani. Sono felice che alcuni spettatori del film abbiano detto di sentirsi rappresentati.

Il tuo è anche un film sulla violenza...

Alessandro Aronadio: quando si vive in una situazione di ristagno come nel nostro Paese, ogni tanto emerge qualcosa che spezza l'equilibrio. E non sempre si tratta di tragiche fatalità. Pensiamo all'omicidio di Stefano Cucchi, al caso di Carlo Giuliani. Nonostante la giovinezza sia considerata l'età delle scelte, ai ragazzi si chiede sempre di attendere. E questa attesa prolunga sì la giovinezza, ma anche il senso di precarietà, di frustrazione, di rabbia. Per questo ho scelto Lorenzo Balducci come protagonista. L'ho visto in Gas di Luciano Melchionna e mi ha impressionato per la capacità di trasmettere questa rabbia. La rabbia è importante, va coltivata come dice uno dei personaggi; va trasformata in energia positiva.

E' giusto pensare che il protagonista perda qualcosa di sè in tutt'e due le storie? Alessandro Aronadio: Sì. Perde parte della sua individualità per cercare di appartenere a qualcun'altro. Soprattutto nella seconda esistenza, l'appartenere al gruppo militare è una scelta dettata dal bisogno di avere un'identità. I ragazzi mi sembrano piuttosto sbandati, hanno bisogno di maestri, di punti di riferimento. Il gruppo ti rassicura. Matteo parla ad un certo punto dell'oscuro piacere dell'orda, riferendosi alla voita da militare che per lui è affascinante e spaventosa al tempo stesso.
Isabella Ragonese: Il meccanismo di voler appartenere ad un gruppo è tipicamente adolescenziale.

Nel film sono tante e diverse le figure femminili. Qual è la dote principale del personaggio di Sonia? Isabella Ragonese: Ho subito amato il personaggio di Sonia perché a differenza di quelli interpretati ultimamente non è la fidanzata di nessuno. Mi piaceva la sua energia, la sua forza trainante. Anche se per in un certo senso resta astratta. Si lega bene ad un film che racconta sì la realtà, ma non perdendo mai l'aspetto metafisico.

Monica Scattini, invece, interpreta Ilaria, la madre del protagonista Monica Scattini: Alessandro mi ha subito imposto di tingermi i capelli; non voleva che fossi bionda, non voleva che avessi le mani curate. E questo mi ha subito ben predisposto. Ero felice che un regista mi vedesse in maniera diversa rispetto al classico ruolo brillante. A questo film ci tenevo a tal punto che ho recitato nonostante i postumi di una frattura all'omero. Quello di Ilaria è il personaggio della madre di famiglia, che diventa il centro di tutte le relazioni. A differenza delle fidanzate del figlio, lei ha sacrificato se stessa per il bene dei suoi cari, diventando per loro il punto di riferimento. E' per questo che riesce a dare forza a tutti loro.

A Berlino hai ottenuto grandi consensi. Cosa provi ora che il film è pronto per arrivare in sala?

Alessandro Aronadio: Mi interessa molto vedere la reazione degli italiani...

Cosa puoi dirci del rapporto con Anna Falchi che ha prodotto il film? Alessandro Aronadio: Quando la mia agente mi ha detto che Anna Falchi era interessata al film non riuscivo a crederci. Anche io avevo di lei un'immagine glamour. In realtà è una grande professionista, una che lavora duro. Sul lavoro è un sergente di ferro. Mi ha dato piena libertà di scegliere il cast artistico e quello tecnico, fidandosi di me. E ne sono felice.

Quali sono i tuoi prossimi progetti? Alessandro Aronadio: Mi chiedo se finisco qui, o mi fanno fare un altro film. Scherzo. C'è già una sceneggiatura pronta e il tentativo di realizzarla c'è. Ora la sfida più grande per me è entrare in sala, nascondermi da qualche parte e vedere la reazione del pubblico. Se un falegname fa una sedia, l'oggetto finale testimonia il suo lavoro. Un film, se non c'è uno schermo che si illumina, è solo un fascio di luce. E spero che gli schermi aumentino.