Recensione Basilicata Coast to Coast (2010)

Una diversa e più umana dimensione del vivere fa sì che gli aspri paesaggi della Lucania regalino un'anima profonda a questo insolito 'road movie', picaresco e a tratti molto divertente, arricchito peraltro da alcuni siparietti musicali che restano impressi.

Anche Rocco si è fermato a Eboli

Sebbene il film non manchi di omaggiare, in modo anche piuttosto sentito, tanto Carlo Levi che la magnifica interpretazione di Gian Maria Volontè in Cristo si è fermato a Eboli, sarebbe riduttivo circoscrivere il senso del viaggio alla breve sosta di Rocco Papaleo e compari ad Aliano, povero borgo arroccato tra i monti dove l'intellettuale antifascista scontò la condanna al confino. Quello appena descritto è solo uno dei tanti momenti magici che ci vengono regalati dal sorprendente esordio alla regia dell'attore lucano. Vedendo Basilicata Coast to Coast si ha come l'impressione che schegge di Jim Jarmush e scampoli della migliore commedia all'italiana, con quelle notazioni amarognole che in passato ne decretarono la fortuna, abbiano deciso di darsi appuntamento tra le stradine assolate del meridione, per sorseggiare qualche vinello dal gusto schietto, deciso. O magari per assaggiare pane e frittata, se ci è concesso citare uno dei siparietti musicali più divertenti e riusciti.

Già, la musica. Perché questo road movie all'italiana, anomalo e picaresco, vive anche della brillantezza di numeri musicali concepiti sulla falsariga di quelli, ugualmente ironici, stralunati, che Papaleo e il suo sceneggiatore di fiducia Valter Lupo hanno già sperimentato con successo a teatro. Qui, però, si sono aggiunti altri apporti artistici di rilevo, tra cui è doveroso dare la precedenza a quanto di buono ha saputo realizzare Max Gazzè, sia sul piano musicale che su quello, sorprendentemente alto, della recitazione. Il fatto stesso che Gazzè, notoriamente in possesso di una favella sciolta e capace di sciorinare citazioni colte all'infinito, sia stato ridotto a una presenza muta per buona parte del film, la dice lunga sulla volontà di giocare con i personaggi, di far emergere versanti del carattere inediti e talvolta insospettabili. Nel caso di Max Gazzè il gioco è perfettamente riuscito: le singolari espressioni del volto, con cui sembra comunicare agli altri (in primis a una Giovanna Mezzogiorno altrettanto in parte) i propri stati d'animo, fanno sì che il suo personaggio appaia quasi come un Harpo Marx del duemila.
Del resto i toni paradossali sono quelli che meglio si addicono a una pellicola, che proprio da un paradosso evidente trae la sua linfa vitale. Lo spunto di partenza si deve infatti alla decisione delle "Pale eoliche", scalcinata band capeggiata da Nicola Palmieri (ovvero Rocco Papaleo), di partecipare al festival di Scanzano Jonico muovendosi a piedi dalla costa tirrenica, col modesto ausilio di un cavallo a trainare il carretto con tutti gli strumenti e le vettovaglie. Dov'è il paradosso? Basti pensare che la distanza tra le due località potrebbe essere coperta in circa un'ora e mezza di macchina, mentre l'allegra brigata composta inizialmente da Rocco Papaleo, Alessandro Gassman, Max Gazzè e Paolo Briguglia si lancia in una specie di pellegrinaggio tra i paesini della Lucania che porterà via dieci giorni. Tutto ciò, verrebbe da dire, per scappare alla routine di una vita ordinaria. Riscoprendo così l'arte del perdersi lungo il percorso, un percorso fatto anche di incontri inaspettati, litigi, cerimonie religiose di antica tradizione, sapori perduti, innamoramenti improvvisi, nonché di maturazioni interiori e prese di coscienza che riguarderanno ogni singolo personaggio. Basilicata Coast to Coast può essere anche considerato la risposta della Lucania agli stressanti ritmi di vita imposti dalla globalizzazione, un po' come lo era stato, ma con minore appeal cinematografico, Focaccia Blues per la Puglia.
Lo stile del film è vario come il paesaggio che viene attraversato. Non diversamente dal Federico Zampaglione del purtroppo sottostimato Nero bifamiliare, Rocco Papaleo le tenta davvero tutte per movimentare il viaggio, inserendo parentesi dai toni western (con tanto di finti briganti che fanno la loro apparizione a cavallo), concedendo spazio alle improvvisazioni musicali, lavorando su uno humour che a tratti è più sanguigno e a tratti più sottile, persino un po' surreale. Non mancano neppure le cadute di umorismo, tocca ammetterlo, in questo mélange che resta comunque gustoso, sempre in grado di compensare i piccoli balbettii e le stonature con una libertà di fondo, la cui anarchica spensieratezza si traduce anche in qualche scelta di scrittura potenzialmente eversiva. Ci piace ad esempio lo spirito con cui vengono introdotte alcune figure femminili, a partire dalla mediocre giornalista al seguito della band, Tropea Limongi (Giovanna Mezzogiorno), che pur consapevole della propria imbranataggine aspira lo stesso a defilarsi dall'invadente e soffocante protezione del padre onorevole. Ha uno spazio più limitato a disposizione, ma finisce ugualmente per lasciare il segno l'esplosiva Maria Teresa, interpretata da una Claudia Potenza che rientra di diritto tra le rivelazioni di Basilicata Coast to Coast; a lei tocca il ruolo di donna del sud stressata da fratello e fidanzato parimenti possessivi, resa però protagonista, in una scena focosa e al tempo stesso divertente, di uno dei momenti più trasgressivi a catartici che la commedia italiana sia riuscita ultimamente a proporre.