Il dolore della Cina divisa apre il Festival di Berlino

Incontro con il regista e il cast di Apart Together, film d'apertura della sessantesima kermesse berlinese che racconta il dramma della divisione del popolo cinese affrontando però temi universali come l'amore a la famiglia.

Il Festival di Berlino esordisce nel segno dell'Oriente con il toccante Apart Together, dramma intimista e misurato incentrato su una delle tragedie più laceranti nella storia della Cina: la guerra civile che ha visto opporsi, nell'immediato dopoguerra, il partito comunista e quello nazionalista cinese. Gli ex soldati dello sconfitto Kuomintang sono rimasti esuli nell'isola di Taiwan, senza avere per decenni più alcun contatto con le loro famiglie d'origine. Tra questi c'è Liu Yansheng, che solo dopo oltre quarant'anni può tornare dalla sua moglie di Shanghai, che nel frattempo si è risposata e ha messo al mondo altri figli. Il regista Wang Quanan, vincitore del Leone d'Oro nel 2007 con Il Matrimonio di Tuya, racconta questa storia di amori spezzati e di cicatrici del passato che non si possono più rimarginare con un taglio minimalista e delicato, attingendo ancora una volta e episodi realmente accaduti. Il film si avvale delle incredibili interpretazioni dei protagonisti (su tutte, la veterana attrice Lisa Lu, presente in conferenza stampa) incorniciati in paesaggi che assumono un forte valore lirico e simbolico. Come spiega ai giornalisti il regista Wang - assieme alla sceneggiatrice (nonché interprete) Jin Na , a parte del cast e al direttore della fotografia, il tedesco Lutz Reitemeier - Apart Together, partendo da una piccola tragedia quotidiana, in realtà racconta il trauma di un'intera nazione, che sembra ripercuotersi in maniera ciclica anche sulle nuove generazioni.

Ho molto apprezzato il suo film, che trovo bellissimo e poetico. Mi ha colpito in particolare l'importanza che riveste il ruolo del cibo. I protagonisti cucinano in continuazione e amano confrontarsi attorno a una tavola imbandita Wang Quan'an: Il tema cardine su cui poggia il film è quello della riunione, che è un tema molto legato alla storia del mio popolo, disperso in tutto il mondo, ma che sento anche come universale. Ho pensato di rappresentare questo concetto ricorrendo all'immagine della famiglia riunita attorno alla tavola. Si tratta di un elemento tradizionale molto importante nella cultura cinese, e penso che rimanga vivo ancora oggi. Credo che l'aspetto culinario sia il più caratteristico della tradizione cinese, e ho voluto utilizzarlo come metafora per veicolare le relazioni tra personaggi. Anche la musica ha svolto un ruolo simile: in particolare ho fatto riferimento a una canzone tradizionale, in grado di far uscire fuori le emozioni represse e più intime dei protagonisti.

Qual è il significato delle scelte della fotografia, tendente a toni molto cupi, depressivi e freddi? Luts Leitemeier: Ho fatto affidamento al colorito naturale della città di Shanghai, che possiede sempre questo aspetto, ma al tempo stesso si adattava simbolicamente a indicare gli stati d'animo dei protagonisti. Adoro questa città dal punto di vista architettonico e del design, perché rappresenta alla perfezione le tendenze in atto attualmente nella Cina: un Paese pieno di contrasti in cui convivono modernizzazione e tradizione.

Lisa Lu, cosa ha significato per lei tornare nella sua città d'origine? Com'è stato lavorare con Wang dopo aver collaborato con importanti registi della cinematografia cinese? Lisa Lu: Sono nata a Shanghai, ma da parecchi anni non avevo avuto l'opportunità di tornare nella mia città natale. Per me è stato come un tuffo nel passato: rivedere i vecchi quartieri in cui avevo vissuto quarant'anni fa ha rappresentato un'emozione indescrivibile. Di questo film ho apprezzato in maniera particolare la qualità della sceneggiatura, che mi ha permesso di mostrare tutte le molteplici sfaccettature dell'amore. Wang è diverso dagli altri registi con cui ho lavorato fino ad ora: è molto amichevole e viene in aiuto degli attori. È stato molto utile discutere con lui per comprendere appieno le motivazioni del mio personaggio. Da lui ho imparato che lo stile di recitazione più semplice e diretto è la migliore via per trasmettere emozioni e stati d'animo.

Anche in questo caso avete preso ispirazione da una storia vera?

Wang Quan'an: Tutti i miei film sono ispirati ad eventi reali, e questo non fa eccezione. A mio parere le storie cinematografiche si nutrono sempre della realtà, dunque ho svolto numerose ricerche e condotto molte interviste con persone che avevano vissuto la stessa situazione descritta nel film. Ho scelto Shanghai come luogo d'ambientazione, perché penso che sia la città simbolo della Cina, in cui per adesso le trasformazioni in atto del paese si manifestino più evidentemente.
Jin Na: Abbiamo discusso a lungo in sede di sceneggiatura sul tono da dare al film. Alla fine abbiamo volutamente evitato uno stile epico, come gran parte delle produzioni commerciali cinesi di oggi, optando per un'impostazione diretta e semplice, in cui le metafore (del cibo, della musica) trasmettono autenticità. Non volevamo raccontare solo la storia di un'unica famiglia, ma quella di centinaia e centinaia di cinesi che si sono trovati nella medesima condizione.

È stato influenzato delle recenti vicende politiche relative ai rapporti tra Taiwan e la Cina continentale? Wang Quan'an: Non sono interessato tanto alla politica, ma soprattutto alla storia della gente comune. La nostra tragedia è legata alle vicende storiche cinesi, ma al tempo stesso penso che riguardi una condizione universale dell'umanità. Non ho deciso di approfondire le ragioni storiche e politiche, ma di descrivere piuttosto i dettagli più minuti della quotidianità.

Monica Mo, lei incarna nel film le giovani generazioni e la loro tendenza all'occidentalizzazione. Come si è rapportata agli eventi descritti nel film?
Monica Mo: interpreto la nipote di Qiao Yu, che nel film rappresenta la nuova generazione della Cina. Si tratta di ragazzi attratti dalla modernizzazione in cui va incontro il Paese, ma al tempo stesso attenti anche alla propria cultura d'origine. Alla fine del film il mio personaggio riesce a comprendere il vero sentimento d'amore che lega Qiao Yu al suo primo marito taiwanese, e incoraggia addirittura la loro relazione.

Ha avuto dei problemi con la censura? Wang Quan'an: L'intera fase di controllo della commissione censura è durata solo una settimana, e ho potuto contare sulla cooperazione del Chinese Film Board, esattamente come nel caso de Il Matrimonio di Tuya. Penso che attualmente il sistema cinese stia attraversando una grande fase di cambiamento e il problema principale adesso è soprattutto rappresentato dall'emergere di gigantesche produzioni commerciali, che lasciano poco spazio ai piccoli film.

Perché pensa che il suo film sia stato scelto come apertura di questa sessantesima edizione del Festival? Wang Quan'an: Sono enormemente grato per aver ricevuto questo onore. All'inizio sono rimasto un po' stupito della scelta, poiché il film tratta di eventi storici e politici molto legati alla nostra cultura locale. Ma in seguito ho capito che una città come Berlino, in cui molte famiglie hanno vissuto a lungo la medesima condizione, possa essere il teatro ideale per una storia che parla di separazioni e di riunioni.