Recensione Christine Cristina (2009)

Anche autrice della sceneggiatura insieme a Furio e Giacomo Scarpelli e a Marco Tiberi, la Sandrelli confeziona una surreale fiaba storica che visivamente si avvicina a sceneggiati di stampo televisivo e che a tratti - vuoi per la scelta di far recitare gli attori in rima baciata, vuoi per l'argomento e la forbita verbosità dei dialoghi - assume una connotazione marcatamente teatrale che sovraccarica lo spettatore di un fastidioso e inutile fardello.

Ritratto in rima

Cristina da Pizzano (Amanda Sandrelli) nasce a Venezia nel 1364. Figlia di un famoso astronomo chiamato alla corte di Carlo V, la donna si trasferisce in Francia con la famiglia, paese dove vivrà fino alla fine dei suoi giorni. Siamo nel 1380, durante gli scontri tra Borgognoni e Armagnacchi la giovane Cristina rimane vedova con due figli da accudire ma è alla morte del re che arriverà per lei il periodo più duro. Alla morte del marito francese decadono tutti i suoi diritti di proprietà compreso quello sulla casa e così insieme ai piccoli Giovanetto e Maria la donna trova rifugio presso una vecchia amica che vive su una barca abbandonata agli argini di un fiume insieme al marito Charleton (Alessandro Haber), un bislacco cantastorie che si guadagna il pane strimpellando versi nelle osterie. In cambio dell'ospitalità Cristina si offre di aiutare Charleton a ritrovare la perduta vena poetica suggerendogli qualche rima qui e là. I versi in rima di Cristina cantati da Charleton conquistano l'attenzione di Jean Gerson, uno studioso di teologia che prenderà la donna sotto la sua ala protettrice aiutandola nel difficile tentativo di entrare a far parte dei ristretti circoli intellettuali dell'epoca, riservati unicamente ad illuminati maschi e poco inclini al dialogo e all'apertura nei confronti del gentil sesso. Accusata più volte di eresia e di oltraggio, la donna sarà la prima della storia a vivere di sola poesia lottando con tutte le sue forze contro la fame, la paura e la disperazione per l'affermazione femminile nella bigotta società medievale.

Un esordio alla regia ambizioso e coraggioso quello di Stefania Sandrelli che presa per mano dal compagno di vita Giovanni Soldati porta sul grande schermo una storia che racchiude nella sua essenza la forza, la grazia e la caparbietà di tutte le donne, l'avventura di una poetessa che ha combattuto tutta la vita contro pregiudizi di casta e maschilisti prima di essere messa al rogo. Anche autrice della sceneggiatura insieme a Furio e Giacomo Scarpelli e a Marco Tiberi, la Sandrelli confeziona una surreale fiaba storica che visivamente si avvicina a sceneggiati di stampo televisivo e che a tratti - vuoi per la scelta di far recitare gli attori in rima baciata, vuoi per l'argomento e la forbita verbosità dei dialoghi - assume una connotazione marcatamente teatrale che sovraccarica lo spettatore di un fastidioso e inutile fardello. Tratto da una storia vera ambientata in un momento storico di conflitti e guerre sanguinose, Christine Cristina assume una soavità quasi surreale, sospesa nel tempo e scollata completamente dal contesto bellico e in cui la sua regista tenta invano di infilarla mostrando qualche sporadica scena di accoltellamento e un imbarazzante saccheggio della città da parte di una banda di furfanti a cavallo. Mancano scene forti, la violenza e l'asprezza di un momento storico dei più sanguinosi della storia di Francia - probabilmente troppo costose da realizzare per una piccola produzione italiana che ha avuto molte difficoltà e tanti ostacoli - come la stessa regista ha più volte tenuto a precisare - ma manca paradossalmente proprio la poesia, quella delle immagini, quella di una donna lieve e rivoluzionaria al tempo stesso che ha giocato un ruolo importantissimo nella storia dell'evoluzione e dell'affermazione femminile. Seppur brava, soave, delicata e mai fuori luogo, Amanda Sandrelli non riesce a imprimere il giusto carisma alla 'sua' Cristina avvicinandola troppo alle protagoniste di sceneggiati di moda 30 anni fa. Interessante e di grande appeal invece il personaggio interpretato da un favoloso Roberto Herlitzka nei panni del supremo rettore dell'università di Parigi, servo delle ragioni di Stato ma non insensibile al fascino letterario e allegoricamente plebeo della coraggiosa poetessa.
Delude Alessio Boni, troppo rigido nei panni del letterato progressista Gerson, esaltante invece la prova di Alessandro Haber straordinario nei panni di un cantastorie ubriacone e sognatore con un grande cuore da poeta. Il risultato finale è un film decisamente coraggioso per un esordio, forse inadatto, sicuramente noioso, che si farà ricordare per una delle battute più 'scult' della storia del cinema italiano. Buone intenzioni per la premiata ditta Sandrelli, e poco altro.

Movieplayer.it

2.0/5