Steven Soderbergh e Matt Damon informatori a Venezia

Steven Soderbergh e Matt Damon presentano fuori concorso a Venezia The Informant!, satirica ricostruzione di un'incredibile tentata truffa ai danni di una corporation e della stessa FBI.

Il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Dopo Erin Brockovich Steven Soderbergh torna a rimescolare nel torbido attingendo a un altro fatto di cronaca americano che svela i segreti della politica dissennata delle corporation tutta volta al profitto e pronta a calpestare i diritti degli individui pur di accumulare ricchezza in ogni forma possibile. Ad accompagnare The Informant! al Lido, oltre al regista, è presente la star Matt Damon, che si è sottoposto a un'incredibile trasformazione fisica acquisendo peso per interpretare il protagonista della rocambolesca vicenda narrata nel caustico film.

Mr. Soderbergh, perché ha scelto Matt Damon per interpretare questo film?

Steven Soderbergh: Quando ho letto il libro che ricostruisce la vicenda ho pensato subito a Matt e il motivo di ciò è che il protagonista della storia aveva un atteggiamento ottimista tipicamente americano. Era qualcuno che i colleghi trovavano affascinante e piacevole. Così ho chiamato Matt che, tra l'altro, aveva la stessa età del protagonista.

Questa è una storia di corruzione. La crisi comincia all'interno di una corporation e coinvolge i manager corrotti che però, alla fine, restano al loro posto.

Steven Soderbergh: Credo che il tema del film lo renda attuale, vista la crisi economica che stiamo attraversando, ma ciò che interessava a me era la psicologia del protagonista Mark Withacre. Credo che anche in un contesto diverso la sindrome di cui quest'uomo soffre lo avrebbe spinto a fare qualcosa di incredibile, quindi non è tanto l'ambiente che mi ha colpito, quanto i problemi mentali di Whitacre.

Mr. Damon, è stato difficile acquistare tanto peso per interpretare il suo personaggio?

Matt Damon: No, è stato facilissimo e bellissimo. Ho mangiato tutto quello che vedevo per qualche mese e mi sono divertito un sacco perché di solito devo andare in palestra per restare in forma.

Steven Soderbergh: Io mi sono divertito molto a vederlo ingrassare. In realtà questo film ha richiesto una lunga preparazione e quando il progetto è partito la società di produzione iniziale, la Section Eight, non esisteva più, ma abbiamo mantenuto nei titoli il nome di George Clooney come produttore esecutivo perché all'inizio faceva parte del team. Non avevamo a disposizione un grosso budget perciò abbiamo girato in location reali, anche nella vera casa di Mark Whitacre, il che è stato veramente interessante.

Mr. Damon, al cinema la vediamo sempre in ruoli action, ma con Soderbergh interpreta personaggi goffi, ironici e pieni di tic. Quanto è liberatorio?

Matt Damon: Ho interpretato molti personaggi e spero di lavorare con Steven ancora a lungo. Steven si concentra sulla sceneggiatura e questa che ci è capitata era davvero eccellente. Il suo metodo di lavoro è sviluppare a lungo la sceneggiatura e girare rapidamente. Questa volta lo sviluppo dello script è durato addirittura otto anni e il film è stato girato in soli trenta giorni. Steven lavora in fretta perché all'inizio delle riprese ha già chiaro in mente tutto. L'unico altro regista che conosco e che utilizza questo stesso metodo è Clint Eastwood.

Che rapporto avete avuto con il vero Mark Whitacre?

Steven Soderbergh: Abbiamo acqustato i diritti di un libro, non della vita di Whitacre. Il libro era credibile e descrittivo e diceva molto sul personaggio. Quando ci è venuta l'idea di fare il film io e Matt abbiamo deciso di non incontrare il vero Marc, ma di prendere una certa distanza da lui per creare il nostro personaggio. Ho preso questa decisione a causa delle mie esperienze passate con Erin Brocovich. Stavolta volevo un'esperienza lavorativa di tipo diversa, volevo creare un film soggettivo, una commedia e conoscere la verità mi avrebbe influenzato.

Questo è un film sulle menzogne. Quale è il vostro rapporto con le bugie?

Matt Damon: Se non si ha l'abitudine alle bugie prima o poi veniamo scoperti. Ecco perchè io non mento mai. Mark, invece, ha un'incredibile talento e riesce a farla franca per un sacco di tempo.

Steven Soderbergh: E' proprio vero. Perché le bugie non vengano scoperte bisogna spendere un sacco di energie. Mentire è uno dei modi che mi permette di rimanere magro. Se dicessimo sempre ciò che pensiamo degli altri prima o poi qualcuno ci ucciderebbe. Le bugie hanno una funzione molto importante. Siamo noi a dover decidere la portata della bugia.

Mr. Soderbergh, cosa l'ha attratta così tanto di questo personaggio? Forse il fatto che il castello di bugie che il personaggi costruisce è simile a quello di tanti politici che ci governano?

Steven Soderbergh: Ci vogliono due persone perché funzioni una bugia. Noi sono mai sorpreso quando un uomo di potere dice una bugia perchè è così che si mantiene il potere. Quello che mi ha affascinanto di Mark è che lui non dice bugie per mantenere il potere, ma lo fa senza ragione. Le radici psicologiche della sua sindrome sono inspiegabili. Nel suo caso è l'agente dell FBI che crede a Whitacre e ignora i segnali che dovrebbero fargli pensare che c'è qualcosa che non va. Molte domande restano senza risposta nella storia e questi spazi vuoti mi hanno spinto a fornire la mia versione dei fatti realizzando questo film.