Michael Moore approda a Venezia per svelarci i segreti del Capitalismo

Michael Moore presenta a Venezia il suo ultimo documentario, Capitalism: A Love Story, un lavoro come sempre necessario ad aprire (per chi ancora non lo avesse fatto) sui danni dell'economia capitalistica.

Il controverso Michael Moore ha ben presenti le conseguenze del capitalismo dissennato che negli ultimi quarant'anni ha trasformato gli Stati Uniti e, di conseguenza, il resto del mondo. Approdato al Lido per presentare il suo nuovo documentario, Moore risponde col il solito spirito sarcastico alle domande che gli vengono rivolte in una conversazione animata che svela i segreti nascosti dietro il suo ultimo lavoro dal titolo rivelatore Capitalism: A Love Story. Ultimo non solo in ordine di tempo. Pare infatti che il regista abbia intenzione di abbandonare per un po' il mondo dei documentari per dedicarsi alla fiction e abbia già due sceneggiature pronte nel cassetto. Confessiamo che la notizia ci preoccupa un po', vista l'importanza del guastatore Moore nel panorama cinematografico contemporaneo e ci auguriamo che i lavori di Moore continuino a conservare il loro sguardo vigile sulla realtà.

Mr. Moore, secondo lei il sogno americano è frutto di quella propaganda che ha portato il paese alla rovina?

Michael Moore: La cosa positiva del sogno americano è che noi crediamo nella democrazia e nella giustizia, ma non è democratico il sistema in cui un cittadino non ha voce in capitolo nel sistema economico. Il fatto che noi possiamo votare ogni quattro anni è democrazia? Quella americana in questo momento è una finta democrazia perché non viene applicata alla vita quotidiana. Personalmente sono molto colpito dalle persone che lavorano e che si sono viste la vita rovinata dagli industriali a cui non interessa il loro benessere.

Lei incita alla ribellione il popolo americano. Crede che sia possibile fare un passo indietro?

Michael Moore: Tutto è possibile. Se tre anni fa mi avessero parlato di un afroamericano presidente non ci avrei creduto. Sono sorpreso dalla capacità dei cittadini del mondo di cambiare le cose, penso a Nelson Mandela e al crollo del Muro di Berlino. Ovviamente io sostengo una lotta non violenta. La rivolta per me è iniziata con l'elezione di Obama, ma un uomo solo non può fare tutto. La democrazia non è uno sport per il pubblico, è un evento partecipativo. Obama crescerà o verrà sconfitto in base al sostegno del popolo, nonostante i membri repubblicani del congresso abbiano già iniziato a ostacolarlo.

Lei ha mai pensato di lasciare il cinema per entrare in politica come Reagan o Schwarzenegger?

Michael Moore: No, non ho piani di presentarmi alle elezioni. La politica è presente in tutto ciò che facciamo nel quotidiano. Io sono felice quando scrivo i miei libri o realizzo i miei film e questo mi basta.

Quali ostacoli ha trovato nel realizzare questo suo lavoro?

Michael Moore: Nessun ostacolo. Quando ho iniziato ho detto alla troupe "Immaginiamo che questo sia il nostro ultimo lavoro". La mia preoccupazione è realizzare un film divertente e interessante che la gente apprezzi. Questa è la mia prima preoccupazione altrimenti non farei il regista, ma entrerei davvero in politica. Io sono il primo sostituto del pubblico e penso sempre alla ricezione che i miei film avranno. So di essere fortunato perché sono pochi i personaggi americani che hanno un bacino di utenza come il mio.

Pensa che questo film, così legato alla situazione americana, sarà utile anche in Europa e, in particolare, in Italia?

Michael Moore: Questo film è molto importante anche per l'Europa, visto che anche l'Europa sta vivendo una profonda crisi economica. L'avvertimento che voglio lanciare è che più si imita l'America e più si avranno gli stessi guai che gli Usa stanno vivendo. Voi avete questo folle leader conservatore di cui non dovrei parlar male perché sono ospite in Italia.