Recensione Immagina Che (2009)

Il rapporto tra padre e figlia è ben condotto, la maturità e la saggezza si riconfermano non dipendere dall'età e in qualche passaggio la distanza che interviene a separare i due protagonisti, chiamati a comprendere il bisogno l'uno dell'altra, si fa addirittura illuminante.

La coperta magica

Le commedie con Eddie Murphy hanno senso sostanzialmente per il carisma e l'innata simpatia dell'attore di Brooklyn. Non sfugge a questo aforisma Immagina che, che in Murphy trova il solito, solido mattatore, sebbene l'esplosività che lo caratterizza venga contenuta dalle incursioni della storia nel dramma. Stenta comunque a ravvivarsi la sua carriera, che dopo il Golden Globe e la nomination all'Oscar per il musical r&b Dreamgirls ha collezionato una nuova serie di flop, da Norbit a Piacere Dave. E l'impressione è che anche questo suo nuovo tentativo di raggiungere la maturità sia destinato a passare inosservato, perché sebbene Immagina che si lasci guardare con relativo interesse per i suoi 107 minuti, risultando un piacevole intrattenimento per famiglie, usciti dalla sala poco resterà di quel che dice, nonostante i sorrisi strappati dall'azzeccata coppia sullo schermo.

Abbandonato il pacchetto "cinque personaggi in uno", Murphy si concentra stavolta su un unico ruolo, quello di un uomo d'affari di successo e padre distratto che nella corsa a una fruttuosa promozione troverà una sorprendente alleata proprio nella figlia e nella sua "guga", la coperta di Linus sotto la quale la piccola si rifugia di frequente per consegnarsi a un mondo fantastico. C'è profumo di Disney, ed in effetti il film non esce fuori dai confini del genere e non propone alcun guizzo originale, mettendo insieme una serie di sketch più o meno riusciti che vogliono condurre a un'esortazione da sposare anche in ambito lavorativo: bisogna tornare a guardare con gli occhi dei bambini. Non è difficile quindi rilevare l'impostazione un po' naïf della pellicola, che chiama a raccolta principesse e draghi per azzeccare l'idea vincente nel complicato mondo della finanza americana.
Evidentemente trattenuto nella sua performance, che può liberarsi solo in un paio di scene sopra le righe che ci riconsegnano quel sorriso che è divenuto il suo marchio di fabbrica, Eddie Murphy stenta ancora a trovare la giusta dimensione quando la storia lo mette alla prova, mentre è un piacere vedergli rubata la scena dalla deliziosa Yara Shahidi, qui al suo esordio. La piccola attrice apre il film, lo riprende con la sua tenerezza quando rischia di adagiarsi nella monotonia, portandoci con sé in quel mondo fantastico che resta solo nella fantasia. Il rapporto tra padre e figlia è ben condotto, la maturità e la saggezza si riconfermano non dipendere dall'età e in qualche passaggio la distanza che interviene a separare i due protagonisti, chiamati a comprendere il bisogno l'uno dell'altra, si fa addirittura illuminante. Ma come già detto, mancano i guizzi che elevino Immagina che oltre il già visto e le discese in profondità nei rapporti umani che va a indagare. Bisogna accontentarsi di una graziosa commediola per famiglie impegnate a fuggire il caldo estivo.