Matthew Fox e gli autori di Lost sbarcano al RomaFictionFest 2009

Grande evento della terza edizione del festival romano dedicato alla fiction, l'incontro degli autori Damon Lindelof e Carlton Cuse, del regista Jack Bender e del protagonista Matthew Fox ha richiamato al Cinema Adriano un migliaio di appassionati di Lost che hanno avuto la possibilità di porre le proprie domande agli ideatori e al volto simbolo della serie che ha rivoluzionato la fiction televisiva degli ultimi anni.

Più di tre ore di attesa sotto il sole cocente in un'infuocata mattinata romana: centinaia di appassionati di Lost si sono ritrovati stamane in fila con largo anticipo al Cinema Adriano per non perdersi il vero evento della terza edizione del RomaFictionFest, la Masterclass dedicata alla serie cult sci-fi che ha rivoluzionato il panorama dei prodotti televisivi, permettendo a paesi come l'Italia di ritrovare l'interesse intorno alla lunga serialità proveniente dall'estero. In "cattedra" sono saliti due degli autori della serie, Damon Lindelof e Carlton Cuse, e uno degli storici registi del serial, Jack Bender, che hanno raccontato al pubblico del festival il processo di scrittura di una serie così complessa come Lost e hanno poi risposto alle numerose domande dei fan, senza però sbottonarsi troppo sugli sviluppi della trama nella sesta e ultima stagione, attualmente in lavorazione. Sono state inoltre mostrate alcune clip dei momenti più toccanti delle stagioni fin qui andate in onda, ma la grande sorpresa dell'incontro è stato l'arrivo fuori programma sul palco del protagonista Matthew Fox, interprete del dottor Jack Shephard, che stasera consegnerà un Premio speciale ai due autori, nel corso della serata di gala in programma all'Auditorium della Conciliazione. Insieme a tutti loro abbiamo cercato di capire i motivi dello straordinario successo di Lost e i segreti di una scrittura così originale e sorprendente che ha assicurato alla serie un posto di primo piano nella storia della televisione.

Con Lost siete riusciti a entrare immediatamente nell'immaginario collettivo, raggiungendo milioni di spettatori in tutto il mondo. In che modo siete riusciti a conquistare l'affetto e l'attenzione del pubblico?

Damon Lindelof: Abbiamo deciso fin dall'inizio con gli altri autori di non spiegare troppe cose, di rendere la serie il più possibile ambigua, senza fornire tutte le risposte alle varie questioni tirate in ballo. Volevamo che fossero gli spettatori a parlare con gli amici e su internet dell'isola e dei suoi personaggi. Solo in questo modo la serie sarebbe risultata più divertente, dimostrando la sua creatività.

Carlton Cuse: All'inizio pensavamo che la serie non avrebbe mai funzionato, anche perché il produttore esecutivo del pilot è stato subito licenziato. Ci siamo ritrovati da soli e abbiamo quindi deciso di realizzare solo dodici episodi, intenzionati a renderli i più creativi e divertenti che la televisione avesse mai visto. Abbiamo perciò reso il copione piuttosto complesso e ambiguo, con tanti personaggi, e questo ha fatto sì che Lost diventasse qualcosa di molto speciale.

Che fine ha fatto poi quel produttore esecutivo?

Carlton Cuse: In realtà non ha mai abbandonato la serie ed è la voce che recita "Previously on Lost" (Negli episodi precedenti di Lost, ndr) prima di ogni episodio!

Jack Bender: Altre ragioni del successo della nostra serie sono state il grande cast di caratura internazionale e i personaggi che hanno appassionato e commosso il pubblico. Lost tocca le emozioni più intime di ciascuno di noi, raccontando di come riusciamo a sopravvivere nel mondo, e di come si conviva con gli altri, ma alla fine si muoia da soli.

Quali sono state le resistenze più grandi con le quali si è dovuta scontrare la proposta di Lost?

Damon Lindelof: Quando abbiamo cominciato, nell'ambito delle serie tv non c'era nulla di simile a quello che poi ha proposto Lost. Il pubblico era abituato a storie con un inizio, una parte centrale e una fine, e si pensava potesse seguire solo 6 o 7 personaggi alla volta, senza la presenza di mostri, sedie a rotelle o cose scientifiche. E invece noi ci siamo detti: ma perché no? Abbiamo così deciso di lasciare i personaggi per due anni su un'isola sconosciuta e in una situazione del genere può succedere davvero di tutto.

Come si svolge una giornata-tipo per creare un episdio di Lost?

Damon Lindelof: Diciamo subito che ogni giornata comincia con l'alcool, che sia la tequila o il vino.

Carlton Cuse: Ogni mattina facciamo colazione nel mio ufficio e parliamo per un periodo di tempo che va da mezz'ora a due ore di tante cose, dalla famiglia alla politica, dalla religione alla produzione creativa. Tutte queste conversazioni rappresentano i semi degli argomenti poi sviluppati nella serie. Dopodiché per un'ora ci riuniamo nella sala di scrittura insieme ad altri sei sceneggiatori e buttiamo giù le nostre idee che scriviamo poi su lavagne bianche sparse per la sala. Lì nascono la maggior parte delle idee a livello di concezione della storia, di scrittura, preproduzione, montaggio, suono e musica.

A che punto del percorso creativo siete riusciti ad avere un quadro chiaro di tutto il disegno narrativo di Lost?

Damon Lindelof: All'inizio della serie avevamo bene in mente soltanto l'inizio e la fine della storia, ma non sapevamo ancora come avremmo sviluppato gli eventi nel frattempo perché non era stata fissata la durata della serie. Ci siamo resi conto poi che non potevamo andare avanti senza una scaletta definita degli eventi che sarebbero seguiti e quindi siamo riusciti ad ottenere dalla ABC un numero di episodi prefissati, in modo da pianificare tre anni di Lost. Alla fine della terza stagione si capisce come si svilupperà la storia, con i flashforward nel futuro, nella quarta troviamo alcuni dei protagonisti che desiderano tornare sull'isola e nella successiva assistiamo al loro ritorno. Nella sesta e ultima stagione ritroveremo tutti i personaggi sull'isola e capiremo cosa ne sarà di loro.

Carlton Cuse: Molti fan ci chiedono se saranno date risposte alle questioni filosofiche poste da Lost, ma ciò che posso dire è che l'interpretazione di tali argomenti dipenderà dalla propria sensibilità e dal punto di vista che si è sposati personalmente. Nell'ultima stagione lavoreremo su vari aspetti e naturalmente anche su quello filosofico, ma per la comprensione molto dipenderà dal sentire dei singoli spettatori nei confronti dei vari personaggi.

Signor Bender, quando arriva il suo coinvolgimento come regista e come si relaziona con gli autori?

Jack Bender: Con Carlton mi parlo diverse volte al giorno e sono incaricato di far sì che i vari episodi seguano la tabella di marcia prestabilita. Inoltre, come regista scrivo delle note sugli episodi già girati e ci scambiamo continuamente opinioni su varie cose, come sul cast o sui set.

Come lavorate allo stile visivo della serie?

Jack Bender: Nello stesso modo in cui gli sceneggiatori si concentrano sui personaggi, noi come registi facciamo lo stesso tipo di lavoro da un punto di vista stilistico, concentrandoci sul mondo in cui i personaggi si trovano. Quello che cerchiamo di fare è descrivere ciò che i personaggi vivono, le transizioni, non attraverso viaggi mentali, tagliando e montando in maniera accentuata, ma facendo vedere il mondo in cui si trovano e quello in cui si trovavano, il mostro che hanno dentro e quello fuori. Per questo motivo abbiamo bisogno di attori del talento di Matthew Fox e del resto del cast.

Come riuscite a tenere traccia di tutto ciò che succede nella serie?

Damon Lindelof: Beh, l'alcool ci aiuta molto anche in questo caso! In verità Lost è una nostra produzione, ci lavoriamo da cinque anni, l'abbiamo vissuto e respirato e ormai è all'interno dei nostri geni. C'è comunque un nostro collaboratore, Gregg Nations, che cataloga tutti gli eventi avvenuti nella serie in maniera cronologica, anche se non sa niente di quello che succederà in futuro. Possiamo considerarlo il bibliotecario della nostra serie e talvolta ci affidiamo a lui.

Alla fine della prima stagione c'è una toccante scena in cui alcuni dei naufraghi abbandonano l'isola su una zattera mentre il cane Vincent nuota verso di loro nell'acqua. Com'è nata?

Damon Lindelof: E' una delle nostre scene preferite dell'intera serie ed è un ottimo esempio di come il nostro lavoro sia il frutto di una collaborazione. Jack si è poi impegnato personalmente nell'addestramento del cane Vincent per farlo recitare in maniera così credibile e commovente. A parte gli scherzi, bisogna sottolineare il ruolo della musica composta da Michael Giacchino per simili scene. Devo ammettere che non c'è niente di meglio di un compositore italiano! Quando siamo andati nello studio per assistere alla sessione di registrazione delle musiche c'erano più di sessanta elementi che suonavano. Con quella musica la scena diventava così emozionante che a tutti i musicisti sono venute le lacrime agli occhi e hanno cominciato ad applaudire usando gli strumenti che suonavano.

Altra scena piuttosto toccante è quella della morte di Charlie nel finale della terza stagione.

Damon Lindelof: E' una scena senza dialoghi in cui si "dicono" solo tre parole, Not Penny's Boat (Non è la nave di Penny, ndr). Non è facile per gli attori recitare senza dialoghi, ma è tanto più difficile per gli autori dover comunicare le emozioni senza l'utilizzo delle parole. Siamo però molto fieri di scene come queste, perché riusciamo a trasmettere emozioni senza bisogno di far dire nulla ai personaggi.

Come avete invece lavorato sulla scena della quarta stagione in cui Desmond riesce a chiamare dalla nave la sua amata Penny?

Carlton Cuse: Come autori possiamo tutti imparare da un episodio come La costante. Di solito ci vogliono due settimane per scrivere l'episodio di una serie, ma in questo caso ce ne sono volute cinque, perché ci servivano degli stratagemmi per rendere espliciti i viaggi nel tempo. Tutti parlano della mitologia di Lost, ma per noi ciò che è più importante sono i personaggi. In quella scena si consuma un viaggio a livello conscio che però ha una forte risonanza anche a livello emotivo.

Tra i vari personaggi, chi potrebbe essere considerato il vero leader dell'isola?

Damon Lindelof: Parlando cinicamente, per essere un buon leader devi saper mentire. Per questo Jack non potrà mai essere considerato un grande leader, perché è un puro di cuore, perciò sceglierei Ben.

Date un'immagine molto armonica del vostro gruppo di lavoro. Non vi capita mai di litigare?

Damon Lindelof: Solo su una cosa io e Jack non eravamo d'accordo, e cioè quando i personaggi cadevano. Per esempio, alla fine della quinta stagione John Locke cade dall'alto e Jack voleva filmare la scena con una caduta che tagliasse in due il quadro, ma noi pensavamo potesse avere un effetto comico involontario. Per il resto, siamo sempre d'accordo sulla maggior parte delle cose.

Jack Bender: Un'altra cosa su cui non siamo stati d'accordo risale all'inizio della seconda o terza stagione. Io ero in partenza per le Hawaii e gli autori mi hanno raccontato il ciclo di eventi dell'intera stagione. Mi hanno spiegato che una scena prevedeva l'uscita dal mare di un robot che diceva "Io sono Robbie". Non volevo essere maleducato e non ho detto niente, ma quando ho visto che avevano fatto un disegnino di questo robot su un tovagliolo di carta di un pub in cui si erano chiusi a bere la sera prima ho capito che si trattava di uno scherzo. E' stata l'unica volta in cui ho dubitato del loro gusto. In generale, lavoriamo in perfetta sintonia e da vera squadra capiamo dove sono gli errori e li correggiamo con prontezza.

Quanto siete cambiati scrivendo una serie come Lost?

Damon Lindelof: Personalmente, sono cambiato in maniera profonda. Il sogno di ogni sceneggiatore è comunicare la propria idea al pubblico e di essere conosciuto per questo. Lost è una storia creata in gruppo, ma che si racconta da sola. Partecipando alla sua scrittura, ho imparato molto su me stesso.

Qual è il ruolo dello storytelling oggi? Divertire o insegnare?

Carlton Cuse: Il nostro intento quando abbiamo cominciato a scrivere Lost era quello di divertire, ma abbiamo voluto inserire tematiche filosofiche più importanti, creando una storia estremamente complessa perché volevamo intrattenere stimolando la mente.

Damon Lindelof: Se volessimo insegnare qualcosa attraverso una serie non funzionerebbe e noi non abbiamo mai voluto predicare niente con Lost. Ci limitiamo a creare qualcosa, poi ognuno ha la facoltà di interpretarla come gli pare.

Quali sono i vostri progetti futuri per il dopo Lost?

Carlton Cuse: Attualmente Lost ci impegna così tanto tempo che pensare a quello che verrà dopo ci è piuttosto difficile. Lavorare a una serie simile ci porta a condurre una vita monastica. Dopo il pilot J.J. è andato via perché impegnato a girare Mission: Impossible III e noi ci siamo ritrovati a lavorare su quarantasei episodi. Penso che dopo Lost mi occuperò di qualcosa di meno complicato, ma molto diverso.

Damon Lindelof: Io invece penso proprio che mi unirò alla Dharma Initiative.

Matthew Fox, cos'ha pensato la prima volta che ha letto la sceneggiatura di Lost?

Matthew Fox: Ero seduto in un ufficio della Disney e avevo incontrato un paio di giorni prima J.J. Abrams e Damon Lindelof. Nessuno aveva ancora letto la sceneggiatura e quando mi hanno sottoposto il pilot ho pensato subito che fosse il miglior script di un prodotto televisivo che avessi mai letto. Era qualcosa di unico, di mai visto prima. Lavorare con questo team creativo è stata poi per me un'esperienza straordinaria, non potrei essere più orgoglioso di così. Abbiamo ancora otto mesi di lavoro da fare insieme e me li voglio gustare fino in fondo, perché Lost è stato un capitolo importante della mia vita.

Col senno di poi, si può definire questa serie come la più grossa scommessa nella storia della televisione?

Matthew Fox: E' molto pericoloso da un punto di vista creativo avvicinarsi a una serie avendo in mente queste preoccupazioni. Da parte mia, sono stato fin da subito colpito dalla sceneggiatura, ed ero entusiasta delle premesse e delle opportunità della serie, perciò mi sono buttato anima e corpo in questo progetto senza pormi troppo problemi. Ci siamo resi conto di quello che stava succedendo quando abbiamo visto lo straordinario successo di pubblico negli Stati Uniti, con venti milioni di telespettatori per la premiere. A livello internazionale me ne sono reso conto gradualmente girando per i vari posti del mondo dove sono stato e vedendo come le persone reagivano a quello che succedeva nella serie.

Quanto del suo carattere c'è nel personaggio di Jack Shephard?

Matthew Fox: Il compito di un attore è difendere fino alla fine il proprio personaggio e per me è stato un onore interpretare questo ruolo. Ho lavorato per cinque anni su questo personaggio, che si è trovato spesso in situazioni nelle quali probabilmente io mi sarei comportato in maniera diversa. Penso però che per capire davvero come reagiresti in certi contesti dovresti trovartici. Da attore ho messo tanto di me stesso in questo personaggio che si evolve sempre, che si muove continuamente, e che per me rappresenta ogni volta una nuova sfida.

Nel booklet del cofanetto della prima stagione sono presenti alcune sue foto scattate durante la lavorazione di Lost. E' appassionato di fotografia e pensa che in futuro ci saranno altre iniziative del genere?

Matthew Fox: La fotografia è uno dei miei hobby principali e a periodi mi assorbe totalmente. Sto prendendo in considerazione la possibilità di realizzare un album fotografico da regalare agli altri componenti del cast al termine dell'ultima stagione, mentre per i futuri cofanetti della serie spero che la Disney prenda in considerazione la possibilità di utilizzare questo materiale.

Si dice che lei sia l'unico tra gli attori a conoscere il finale di Lost. E' vero?

Matthew Fox: Ho un'idea di quella che sarà l'immagine finale della serie, ma non sono a conoscenza delle conversazioni degli autori con gli altri membri del cast e quindi non è detto che io sappia la verità. Ogni volta gli autori danno informazioni solo a coloro che ne hanno bisogno e in una serie in cui gli attori vanno e vengono, ricca di questioni di vita o di morte, fino alla fine non sappiamo quale sia la verità.

Carlton Cuse: In realtà, Matthew sa che l'isola si alzerà in volo e verrà spostata da qualche parte, ma non sa dove!