Recensione Venerdì 13 (2009)

Un film moderno e maturo capace di catturare l'orrore e l'essenza psicologica dei primi film della saga distanziandosene quanto basta per non essere considerato una scopiazzatura.

Sesso, droga e...si salvi chi può

Crystal Lake, 13 giugno 1980. Una squilibrata di nome Pamela Voorhees porta finalmente a termine il suo piano uccidendo uno per uno tutti i ragazzi del campeggio estivo, colpevoli di aver lasciato annegare il suo Jason, il suo unico figlio, un ragazzo affetto da un grave ritardo mentale. Una ragazza, l'ultima sopravvissuta del gruppo, riesce però a sfuggire al massacro e a decapitare l'assassina. Quasi trent'anni dopo un gruppetto di ragazzi si reca in gita a Crystal Lake e, attirato dalle voci di una fantomatica coltivazione di marijuana e dalla vita all'aria aperta, decide di piantare le tende e andare in avanscoperta. I cinque malcapitati scopriranno presto che le voci sugli orrendi fatti di sangue accaduti in quel posto all'apparenza così rilassante e tranquillo in realtà non sono solo voci. Ad attenderli al varco tra i cespugli c'è infatti il buon caro vecchio Jason, un bestione di due metri che vive nel bosco in attesa di compiere la sua vendetta. Sei settimane più tardi la polizia ha già abbandonato le ricerche e le speranze di ritrovare i ragazzi. A tentare un ultimo viaggio alla ricerca di risposte sarà Clay, che non si è arreso all'idea di aver perso sua sorella Whitney per sempre e a bordo della sua moto si dirige verso il lago sperando di trovare qualche indizio. A dargli una mano, o almeno a tentare di farlo, un altro gruppetto di esaltati capitanati dal ricco Trent che ha messo a disposizione la lussuosa villa di famiglia per regalare agli amici un tranquillo week end di...relax. Non proprio quello che Jason Voorhees e il suo machete hanno in serbo per loro...

Jason è tornato, ed è più cattivo, più imbestialito, più grosso e più astuto che mai. A resuscitarlo sono sempre loro, quelli della Platinum Dunes (Michael Bay & Co.), che dopo aver riportato a nuova vita Non aprite quella porta, Amityville Horror e The Hitcher persevera con il ripasso del classici dell'horror con questo interessante_ film-vademecum_ sulla saga storica di Venerdì 13. Un remake in senso stretto come nei tre casi sopra citati non sarebbe stato possibile (l'assassino nel primo Venerdì 13 era la madre di Jason, Pamela, solo nel sequel e nei successivi compare Jason) e ancor meno interessante, vista la poca brillantezza del film originale diretto da Sean S. Cunningham e nato da un'idea di Victor Miller. Ecco allora il colpo di genio: perché non fare una sorta di riassunto dei primi tre film della saga e raccontare alle nuove generazioni la storia di Jason-maschera da hockey-Voorhees?
Un bosco, un laghetto incantato, pioggia battente, qualche gruppetto di ragazzi bellocci e ficcanaso ed il gioco è fatto. Il prologo di 20 minuti ci riassume il primo Venerdì 13 (la madre di Jason che uccide a ripetizione tutti i ragazzi del campeggio e alla fine viene decapitata dall'unica superstite), ci da una nuova versione del secondo raccontando la bruttissima fine di un gruppetto di malcapitati alle prese con sesso e marijuana, e ci presenta un nuovo Jason, un serial killer poco zombie e poco fantasma che non sbaglia un colpo, velocissimo e scattante come un supereroe, un cecchino infallibile che vive la sua vita nei boschi architettando trappole sofisticatissime per punire gli intrusi o chi si macchia di atti impuri sotto i suoi occhi.

Il body-count è inesorabile, pieno d'azione e a tratti intrigante, la ricostruzione di Crystal Lake davvero straordinaria, non mancano le scene cult della trilogia originale (su tutte la scena della freccia, che allora fece una vittima illustre in un giovanissimo Kevin Bacon o quella della testa mummificata della mamma conservata come cimelio dal figlio devoto) né le tette al vento o gli effetti splatter, sebbene non siano ai livelli di quelli storici di Tom Savini, che all'epoca fecero a dir poco scalpore. Il risultato è un film moderno e maturo capace di catturare l'orrore e l'essenza psicologica dei primi film della saga distanziandosene quanto basta per non essere considerato una scopiazzatura, un prodotto rivolto alle nuove generazioni di orrorofili che sanno poco o niente di Jason e delle sue scorribande nei fine settimana ed hanno voglia di una full-immersion. Unico neo una 'soluzione' finale a dir poco discutibile e qualche uccisione un po' troppo telefonata ma nonostante tutto Marcus Nispel dirige questo difficile e coraggioso rifacimento in maniera più che dignitosa seguendo una linea diversa rispetto al passato. Osserva, rielabora e racconta personaggi e situazioni sempre col suo solito frenetico tocco videoclipparo rivolto ai più giovani, ma stavolta con toni quasi ossequiosi. Poco spazio (per fortuna) per il gore spinto o per primi piani su corpi straziati e mutilati (Saw e Hostel hanno già offerto tutto l'offribile), campo libero a sesso, droga e cliché di genere per un intrattenimento tutt'altro che estremo, una divertente attualizzazione degli _slasher _anni '80, capace di divertire i più giovani e di non far storcere troppo il naso ai cultori. Ad ogni generazione il suo Jason.

Movieplayer.it

3.0/5