Recensione The Jacket (2005)

Un film decisamente soddisfacente che si caratterizza per la ricchezza e molteplicità di tematiche e di riflessioni affrontate e per la continua oscillazione tra diverse derive stilistiche e narrative, più o meno degnamente riproposte in un canovaccio visivo tipicamente post-moderno.

Orrore di una mente terrorizzata

A più di sette anni dall'interessante biografia su Francis Bacon dal titolo Love is the Devil, il regista John Maybury torna con The Jacket: opera seconda (se escludiamo le sue pellicole più sperimentali) spalleggiata dall'onnipresente Steven Soderbergh. Il film narra dell'oscura storia di Jack Stark, veterano della guerra del Golfo, sofferente di amnesia a causa di una grave ferita di guerra. Accusato di omicidio per un delitto che non ricorda di aver commesso, viene rinchiuso in carcere e reso cavia di atroci esperimenti sul trattamento della mente. Tali esperimenti sembrano potergli dare delle facoltà mnemoniche speciali fino alla possibilità di entrare in un'altra dimensione spazio-temporale dove il connubio passato futuro diventerà di insopportabile crudeltà.

The Jacket è un film decisamente soddisfacente che si caratterizza per la ricchezza e molteplicità di tematiche e di riflessioni affrontate e per la continua oscillazione tra diverse derive stilistiche e narrative, più o meno degnamente riproposte in un canovaccio visivo tipicamente post-moderno. Il film è sorretto dalla buona sceneggiatura di Massy Tadjedin, sviluppata a più piani di lettura e in bilico tra Kafka e Kaufman, si potrebbe un po' spregiudicatamente asserire, e da una regia abile nel gestire il pastiche complessivo anche se in alcuni momenti priva di una personalità definita. Nonostante questo a tratti crei un senso di disorientamento complessivo e renda difficile stabilire il confine preciso tra le esigenze rappresentative ed alcuni manierismi della messa in scena, il film ha dalla sua un'atmosfera vincente e una non trascurabile profondità concettuale. Marbury ci parla di violenza e prevaricazione, di coscienza e memoria, del valore della vita e soprattutto di responsabilità delle proprie azioni e probabilmente mette anche troppa carne al fuoco, ma di certo riesce ad avvincere, inquietare ed interessare lo spettatore filtrando il tutto attraverso l'attraente lente del thriller e dell'horror psicologico.

A questo va aggiunta una convincente prova del cast che, oltre a potersi avvalere dell'interpretazione di un Adrien Brody molto convincente nel farsi carico di un personaggio da un'invadente macchia tragica a rischio di patetismo, può annoverare l'ottima prova del mitico Kris Kristofferson e della presenza sempre degna di nota di Jennifer Jason Leigh. Decisamente meno ispirata invece è la protagonista femminile: una zoppicante per quanto splendida Keira Knightley, ancora evidentemente acerba.