Appunti di un venditore di donne, la recensione: un Bravo ragazzo nella Milano criminale

La recensione di Appunti di un venditore di donne, il nuovo film di Fabio Resinaro tratto dal romanzo di Giorgio Faletti, ambientato nella Milano criminale degli anni Settanta.

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Appunti di un venditore di donne: Mario Sgueglia durante una scena

Fabio Resinaro sembra non voler abbandonare il genere e proseguire una tipologia di cinema che nell'industria italiana si segue sempre più raramente. Per questo non possiamo che applaudire quantomeno il coraggio con cui il regista milanese persegue nella sua idea di cinema, a due anni di distanza da Dolceroma, dopo aver conosciuto la fama grazie a Mine (girato col collega Fabio Guaglione) e dopo aver prodotto un film atipico come Ride. Ci sembra opportuno sottolinearlo in apertura della nostra recensione di Appunti di un venditore di donne, a prescindere dal giudizio relativo al film. Tratto dal celebre romanzo di Giorgio Faletti, l'adattamento cinematografico disponibile in esclusiva su NOW e su Sky a partire da venerdì 25 giugno, si fa valere attraverso la schiettezza con cui Resinaro mette in scena una storia di genere, senza filtrarla attraverso un aspetto post-moderno o senza cadere nella trappola della nostalgia. Ambientato negli anni Settanta, Appunti di un venditore di donne sembra provenire proprio da quel decennio cinematografico. Con tutti i suoi pregi e i suoi difetti.

Storia di uno Bravo

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Appunti di un venditore di donne: Mario Sgueglia e Michele Placido in una scena del film

Milano, 1978. È il periodo del sequestro Moro e di Vallanzasca. Bravo è un protettore di prostitute e il suo nome rispecchia le sue qualità. Ha un giro d'affari di successo, passa le serate in locali di lusso e si sente a suo modo un imprenditore: freddo, calcolatore, interessato solo al suo successo e a soddisfare i clienti. Anche perché non può amare: tempo fa è stato castrato a causa di un evento che, all'inizio del film, viene tenuto nascosto. La sua sembra una vita perfetta fino a quando una notte, uscendo dal solito locale con l'amico Daytona, incontra Carla, una giovane ragazza che vuole cambiare vita. Prendendola sotto la sua ala, Bravo inizierà però a perdere quell'equilibrio perfetto che aveva raggiunto a causa del risveglio di qualche sentimento che credeva di aver dimenticato. Nel frattempo, un importante accordo con un altro uomo d'affari porta a tragiche e impreviste conseguenze che metteranno Bravo in una spirale di rivelazioni che cambieranno per sempre la sua vita. Cadranno le maschere e scorrerà del sangue, tra pallottole, schedine milionarie, amici e doppiogiochisti. Lo spettatore è costretto a rimanere insieme a Bravo, ad osservare la storia dal suo punto di vista, ignorando tutto il resto e cercando di arrivare alla soluzione del puzzle in cui si è ritrovato. Solo così Bravo potrà ricominciare a vivere. O forse, a costruire una vita nuova.

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Milano criminale d'epoca

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Appunti di un venditore di donne: una sequenza del film

Quella di Appunti di un venditore di donne è una trama intricata il giusto, ma portata in scena con linearità (forse sin troppa). A un inizio un po' claudicante segue una seconda parte di film più coinvolgente (con un finale appassionante), dove finalmente i pezzi iniziano a incastrarsi a dovere lasciando appagato lo spettatore e, soprattutto, coinvolgendolo. Questo accade non solo al ritmo del film, ma anche grazie alla ricostruzione della Milano degli anni Settanta, in cui gli effetti digitali sono perfettamente invisibili e nascosti per modificare i luoghi del set. Si ha la sensazione, ed è il maggior pregio del film, di essere catapultati direttamente in quegli anni e ad assistere a delle vicende che non sarebbero state fuori luogo. Attraverso un gioco metalinguistico, il film stesso sembra provenire dalla grammatica cinematografica di quegli anni, dei film di genere italiani a stampo criminale e poliziesco di cui il cinema nostrano ha conosciuto un aureo periodo. Il tutto senza voler replicare, attraverso una luce post-moderna, il genere stesso. Non troverete, quindi, una pellicola sporcata in post-produzione o sequenze che vogliono esplicitamente omaggiare i film del passato. Il linguaggio scelto da Resinaro, a volte fin troppo pulito e di conseguenza particolarmente adatto per la dimensione domestica, appare naturale, lo stile più adatto per portare in scena la storia che vuole raccontare. In questo Appunti di un venditore di donne si dimostra diverso dal semplice riciclo di film di genere: è organico e sincero.

Indietro nel tempo

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Appunti di un venditore di donne: Miriam Dalmazio e Mario Sgueglia in una scena del film

Il rovescio della medaglia è che di quelle pellicole di genere, il film di Resinaro ne racchiude anche tutti i limiti, a partire da una sceneggiatura che, soprattutto nei dialoghi, non sempre funziona a dovere. Mario Sgueglia nei panni di Bravo, Miriam Dalmazio nel ruolo di Carla e Paolo Rossi in quello di Dayton sono fisicamente perfetti: esteticamente racchiudono i loro stessi personaggi, quasi uscissero dalle pagine di un fumetto dell'epoca, impossibile immaginare altri volti e altri corpi. Il problema sovviene attraverso alcuni dialoghi parecchio artificiosi che non trovano forza attraverso la recitazione. È il maggiore scoglio della prima parte del film, in cui si fa fatica a entrare in empatia con i personaggi e dove si combatte continuamente con una sensazione di artificioso che si separa brutalmente dall'ottima cura per l'ambientazione. In questi casi il richiamo alle atmosfere di un cinema degli anni Settanta si scontra, invece, con il gusto e lo standard richiesto del pubblico del 2021 ostacolandone il trasporto. Soprattutto dopo la rinascita di un cinema (e di una televisione seriale) che racconta il mondo criminale con un occhio contemporaneo, l'effetto di Appunti di un venditore di donne è quello di un film che trasporta indietro nel tempo. Nel bene e nel male.

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Conclusioni

A conclusione della nostra recensione di Appunti di un venditore di donne non possiamo che apprezzare il tentativo di Fabio Resinaro nel proseguire nella riscoperta di un cinema italiano perduto appartenente al passato. In questo caso, la Milano criminale degli anni Settanta è perfettamente rappresentata attraverso una cura scenografica non indifferente e uno stile di regia che, benché sin troppo lineare, sembra provenire dai film di genere del passato. Così come la scrittura e la recitazione, sin troppo artificiosa, nonostante gli attori visivamente perfetti, sembra essere lo scoglio maggiore per un reale coinvolgimento del pubblico contemporaneo. La seconda metà di film, migliore della prima, cerca di riscattarsi al meglio.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.1/5

Perché ci piace

  • L’ambientazione della Milano degli anni Settanta, che diventa un universo che dona realismo alla vicenda.
  • Il cast visivamente sembra nato per interpretare quei personaggi.
  • Il linguaggio cinematografico scelto appartiene a un cinema di genere puro da riscoprire.

Cosa non va

  • I dialoghi e la recitazione, troppo artificiosi e coerenti coi limiti di quel cinema che il film vuole richiamare, non donano la forza necessaria all’opera.
  • Arrivando dopo una rinascita di un filone audiovisivo legato al mondo criminale (sia cinematografico che seriale) la sensazione maggiore è quella di un film appartenente al passato.